Pd, il giorno di Pier Luigi Bersani. Rosy Bindi eletta presidente del Partito.
È stato il giorno di Pier Luigi Bersani. Davanti alla platea dei delegati eletti alle ultime primarie, l'Assemblea nazionale del Partito Democratico, l'ex ministro è stato ufficialmente eletto nuovo segretario e si è rivolto al paese e al partito con un discorso denso di proposte, dalla crisi economica alle riforme istituzionali. «Ho detto più volte», ha esordito Bersani, «che non credo al partito di un uomo solo, ma a un collettivo di protagonisti. So bene che questo collettivo deve avere forme contemporanee, e rinunciarvi sarebbe regredire. Mi rivolgo a voi non come ci si rivolge a una folla ma come ci si rivolge al gruppo dirigente di un partito, corresponsabile di questa avventura. Per preparare l'alternativa». "Per l'alternativa", infatti, è proprio lo slogan che campeggia nel padiglione 13 della Fiera di Roma, teatro di questo atteso primo atto del nuovo segretario. Un alternativa che passa dal ripudio del leaderismo e dalla costruzione di un partito vero. «Noi siamo orgogliosi di sentirci costruttori di un partito. Costruendo un partito realizziamo la Costituzione, che parla di partiti e non parla di popoli. Esiste un'altra modernità, alternativa alla deformazione plebiscitaria della nostra democrazia. Una modernità che può venire dal rafforzamento e dalla riforma del sistema parlamentare, da una legge elettorale che riconsegna ai cittadini la scelta dei parlamentari». Una riforma in attesa della quale, ha precisato poi Bersani nelle sue conclusioni, «meglio fare le primarie per scegliere le posizioni nelle liste per il parlamento». Il neosegretario ha tenuto una relazione solida e accurata, fondata sull'analisi dei problemi che investono il paese, proponendo «un'assemblea di mille amministratori del Pd, aperta ad amministratori di ogni orientamento, per denunciare il federalismo delle chiacchiere e parlare di federalismo dei fatti. Non si pensi, a cominciare dalla Lega, di poter raccontare delle favole mentre noi stiamo zitti». Secco col governo - «dialogo no, confronto sì, ma solo in parlamento e non sugli affari del premier» - e fiducioso sulle possibilità di D'Alema di diventare ministro degli esteri dell'Unione Europea - «ne saremmo orgogliosi» - Bersani ha proposto, tra le altre cose, un sistema di quote per valorizzare la presenza femminile in politica. «Noi non tolleriamo la posizione discriminata delle donne. Vogliamo guidare un forte movimento di opinione che chieda una soluzione transitoria di quote, perché la discriminazione più forte è quella chie tiene le donne fuori dai centri decisionali».Il punto centrale del suo intervento, Bersani lo dedica al progetto del nuovo partito, sgombrando il campo da dubbi e dalle tentazioni "nostalgiche" che i suoi avversari gli avevano attribuito durante la campagna congressuale. «Dobbiamo costruire il partito che abbiamo promesso ai cittadini e ai militanti. Nessuna nostalgia deve imprigionarci o trattenerci, dobbiamo sentire la necessità del nuovo da costruire. Ci rivolgiamo a tutto il centrosinistra, senza trattino, nella legittima ambizione di farci più forti. Liberiamoci da parole vecchie e passate, la nostra proposta politica non è una coperta da tirare al centro o a sinistra. Quel che conta è il progetto, l'idea di paese. Al di fuori di questa ambizione non si è più di centro o più di sinistra, si è un partito piccolo condannato nei nostri confini». Anche per questo, ha poi precisato Bersani nel corso delle sue conclusioni, «il Pd è coperto sia a sinistra che al centro». Un passaggio particolarmente apprezzato che ha trascinato gli applausi fino alla fine della relazione - «Un partito giovane ci chiede di essere giovani nel cuore» - accolta da una standing ovation.È stato anche il giorno dell'elezione dei nuovi organismi, dal vicesegretario Enrico Letta ai 120 componenti della direzione nazionale. Dalla presidente del partito, Rosy Bindi, ai vicepresidenti Ivan Scalfarotto e Marina Sereni. Durante la fase riservata agli interventi liberi, sia Dario Franceschini che Ignazio Marino hanno dato al neosegretario la loro disponibilità a lavorare insieme. Marino si è detto «molto soddisfatto del discorso di Bersani», al quale ha messo «a disposizione le nostre forze», perchè ora «ci faccia vincere». Stesso concetto ribadito, seppure con qualche sorriso in meno, da Dario Franceschini: «Abbiamo la responsabilità di sostenere lealmente chi ha la responsabilità di guidare il partito: noi, Pier Luigi, faremo così». È la conclusione di una campagna congressuale nazionale durata praticamente quattro mesi, che ha visto il Pd discutere di sé e del paese, con sé e col paese. Non è un caso, dicevano molti delegati in sala, che i sondaggi ultimamente diano il Pd vicino alla soglia del 30 per cento. «Non dobbiamo fermarci qui», sospira una delegata lasciando la sala. Un pensiero che sicuramente mette d'accordo tutti.