sabato 25 dicembre 2010

BUON NATALE A TUTTI.

venerdì 24 dicembre 2010

L'EX SINDACO CALANDUCCI FA RICORSO AL TAR.

Palagonia: contesta presunte irregolarità nella convocazione e nello svolgimento della seduta.

Un ricorso al Tar è stato depositato dall'ex sindaco, Francesco Calanducci, avverso la mozione di sfiducia e la conseguente deliberazione, approvata in aula lo scorso ottobre, del consiglio comunale di Palagonia.

L'impugnazione è stata notificata ai competenti organi comunali e ad alcuni consiglieri. Il ricorso potrebbe mettere in discussione il voto del civico consesso e la conclusione anticipata del mandato istituzionale, nonostante il chiaro verdetto di 15 consiglieri sui risultati dell'ultima esperienza di governo municipale.

Resta indecifrabile, invece, l'atteggiamento della regione Sicilia, che ha finora escluso (di fatto) l'invio di un commissario straordinario al comune. L'assessorato regionale agli EE.LL. avrebbe concluso il proprio iter nei giorni scorsi, rimettendo  all'organo esecutivo la nomina di un funzionario.

A seguito dei ritardi, i consiglieri dell' opposizione hanno sollecitato "l'esercizio dei poteri sostitutivi e delle funzioni straordinarie" all'amministrazione regionale, inviando una nota al prefetto di Catania, alla procura di Caltagirone e al ministero degli Interni.
Da " La Sicilia del 24/12/2010 a firma di Lucio Gambera.

martedì 21 dicembre 2010

ECCO COME HANNO VINTO LE ELEZIONI REGIONALI IN CALABRIA.

'Ndrangheta e voto di scambio.

 

12 arresti, anche un consigliere Pdl

In processione dal boss per avere sostegno elettorale e "mettersi a disposizione". Ma nella casa dei Pelle c'erano microspie che registravano tutto.Quattro candidati (non eletti) e Santi Zappalà, l'eletto di centrodestra più votato del Reggino.

di GIUSEPPE BALDESSARRO

 REGGIO CALABRIA - Si rivolgevano ai clan per avere sostegno elettorale in vista delle regionali. Andavano a casa di Peppe Pelle (detto "gambazza"), capo della più potente famiglia di San Luca, e chiedevano i voti. In cambio erano pronti a "mettersi a disposizione degli amici". Preferenze in cambio di appalti, del trasferimento dei detenuti, di visite mediche "quando qualcuno non può muoversi", come ad esempio i latitanti. Una volta eletti, i politici avrebbero lavorato per la 'ndrangheta con favori d'ogni genere. Non sapevano però che nella casa del boss c'era una cimice del Ros che registrava tutto. E che tutti gli incontri, i summit, le riunioni nell'appartamento dei Pelle erano ascoltato dai Carabinieri.

Stamattina sono finiti in carcere in 12, ed almeno altrettanti sono gli indagati. Sono mafiosi, intermediari, capi elettori, imprenditori e, soprattutto politici. In manette con l'accusa, a vario titolo, di voto di scambio, mafia e concorso esterno in associazione mafiosa, sono finite 5 persone che il 29 e 30 marzo scorso portarono una marea di voti, quasi tutti al centrodestra calabrese che sostenne il governatore Giuseppe Scopelliti. Il Ros ha notificato gli ordini di custodia cautelare a Santi Zappalà del Pdl (l'unico che poi è stato eletto), a Francesco Iaria dell'Udc, a Pietro Nucera e Liliana Aiello (entrambi in corsa nella lista "Insieme per la Calabria - Scopelliti Presidente) e Antonio Manti (candidato con Alleanza per la Calabria).

In più noto è certamente Santi Zappala ed a lui la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria contesta l'accusa di avere stipulato con Peppe Pelle, il più solido degli accordi: "preferenze in cambio di appalti". L'esponente del Pdl, alle scorse regionali fu il più votato dell'intera provincia di Reggio, il terzo in assoluto nell'intera Regione Calabria. Una macchina elettorale potentissima quasi 12 mila voti, che in riva allo Stretto sono tantissimi. Uno schiacciasassi, capace di mietere consenso in ogni angolo della provincia. Sindaco di Bagnara Calabra e ex consigliere provinciale, per i magistrati era uno "capace di andare a casa di Pelle a parlare con lui alla pari". E secondo quanto emerge dall'inchiesta non si rivolse solo alla famiglia di San Luca. Zappalà incontrò altri capi mafia, tra cui i vertici del potente clan dei Commisso di Siderno "che si erano impegnati con un altro candidato, ma che comunque promisero un pacchetto di voti anche a lui".

Il quadro che emerge dalle carte dell'inchiesta - che porta la firma del Procuratore Giuseppe Pignatone, degli Aggiunti Michele Prestipino e Nicola Gratteri, e dei Pm Maria Luisa Miranda e Giovanni Musarò - è impressionante. I clan, di fatto si muovevano all'unisono. Come un vero e proprio cartello elettorale. Sostenevano i propri candidato in maniera compatta puntando di volta in volta su quattro o cinque di essi in maniera da essere certi di farne eleggere certamente qualcuno. Lo stratega era proprio Pelle, che diceva ai suoi, "se noi siamo uniti, se tutte le famiglie sono compatte ne possiamo fare salire tre o quattro". Tra l'altro, con le regionali alle porte già pensavano alle provinciali che a Reggio si svolgeranno tra qualche mese: "Anche lì ne possiamo prendere tanti".

(21 dicembre 2010) © Riproduzione riservata

domenica 19 dicembre 2010

CARO "COMPAGNO" BONDI, CI SPIACE, MA LA CULTURA CON LEI NON FUNZIONA PIU'.

Caro compagno Bondi, ci spiace, ma la Cultura con lei non funziona più

La lettera di Matteo Orfini al Foglio in risposta a quella del ministro dei Beni culturali con cui chiedeva al Pd di ritirare la mozione di sfiducia

di Matteo Orfini, pubblicato il 17 dicembre 2010 , 683 letture

Gentile ministro, non risponderò alla prima parte della sua missiva, che considero più una riflessione autobiografica, ma mi consenta di suggerirle la ricerca di argomenti più convincenti per spiegare il suo passaggio dal Pci al berlusconismo.

L`esigenza di militare in un partito riformista e socialdemocratico non mi sembra il migliore. Vede ministro, noi abbiamo presentato una mozione di sfiducia come ultimo atto di un`opposizione che è
sempre stata dura, ma costruttiva. Me ne diede atto lei stesso sulle colonne di questo giornale. Ogni critica che le abbiamo rivolto è sempre stata accompagnata da proposte, ogni richiesta di maggiori risorse dall`indicazione delle copermture.

E' vero, lei si è lamentato dei tagli, ma tardivamente. Non le cito le decine di interviste e dichiarazioni
in cui spiegava che si doveva ridurre la spesa in cultura perché c`erano sprechi e spreconi. Il fus, gli istituti culturali, i trasferimenti ordinari al ministero: è il breve elenco di un catastrofico ridimensionamento
del suo ministero che lei ha prima avallato, poi provato senza successo a contrastare.

Metafora del disastro, è arrivato il crollo di Pompei, Un crollo diverso dagli altri perché causato dalla scelta di commissariare la soprintendenza e mandare un dirigente della protezione civile a dirigere il sito.

Incompetenza conclamata, anzi spesso rivendicata irresponsabilmente in nome del primato della managerialità, messa a dirigere le eccellenze del nostro paese.

Gli effetti sono stati lo spreco di risorse, procedure poco trasparenti e l`abbandono per un lungo anno delle necessarie opere di tutela in nome di una inelegante spettacolarizzazione del sito. Se oggi tutto crolla, non si può scaricare la colpa su Giove Pluvio. E al posto suo eviterei di chiamare riforma ii decreto sulle fondazioni lirico-sinfoniche che sta producendo lo stato di crisi dei nostri teatri, uno dopo l`altro, a cominciare da Genova e Cagliari. Ma tra tutte le sue responsabilità una è la più grave, specialmente
per un ministro che viene dalla storia della sinistra, Lei ha abbandonato, in piena crisi, i lavoratori della cultura. Sono seicentomila persone che producono più del due per cento del pil. E sono, quasi tutti, precari
privi anche di quelle forme minime di protezione sociale che tutelano lavoratori di altri settori.

Mentre i suoi colleghi li insolentivano - "vadano a lavorare" scandiva il ministro Brunetta - e i tagli li lasciavano privi di prospettive, lei non solo non ha trovato il tempo di fare nulla per loro, ma non ha mai nemmeno ritenuto di citare il problema.

Lavoratori del cinema colpiti dalla delocalizzazione, archeologi e storici dell`arte penalizzati dal non riconoscimento della loro professionalità, restauratori espulsi dal mercato dei lavoro, lavoratori della musica e dello spettacolo: sono una ricchezza del paese che il suo governo non ha saputo e voluto valorizzare.

Ministro, fuori dalle legittime esigenze di propaganda politica, sa anche lei che questa sfiducia è più che motivata, Ne prenda atto e si dimetta riconoscendo di non aver saputo far entrare la cultura tra le priorità del suo governo. Sarebbe un modo serio e dignitoso di dare una mano ad aprire una fase nuova.

Matteo Orfini, responsabile Cultura del Pd

giovedì 16 dicembre 2010

SCILIPOTI: collegamenti con la 'ndrangheta.

di Manuela Modica

 Comproprietario di un immobile, abusivo, - una palazzina di tre piani, per cui Rosa Carmela Cicero, moglie di Domenico Scilipoti, presenta istanza di sanatoria edilizia - assieme a parenti di capi della più forte ‘ndrangheta calabrese: “Personaggi che vantano rapporti di parentela con membri del clan ‘ndranghetista Selitano-Zavatieri”.

Questi sono i “Collegamenti intercorsi tra Scilipoti Domenico, classe ’57, il quale ricoprirà nel 2002, seppur per breve tempo, anche l’incarico di Assessore Comunale al Bilancio nella giunta Nicolò, con personaggi appartenenti ad una delle più importanti cosche della provincia di Reggio Calabria”.

Questo si legge di Scilipoti, oggi uomo decisivo per il governo, nella relazione che porterà allo scioglimento del Comune di cui è consigliere, per infiltrazioni mafiose, ma che non vedrà conseguenze penali per l’ex Idv.

La Storia dello scioglimento. Il Comune è lo stesso di Adolfo Parmaliana, segretario cittadino Ds, morto suicida perché soffocato dal vuoto in cui viveva in territorio mafioso. E lo diceva e lo chiedeva a gran voce Parmaliana: “Terme Vigliatore ha un consiglio comunale oggetto di infiltrazioni mafiose”.

Il professore di chimica dell’Università di Messina, lo aveva denunciato ed era stato ascoltato. Così si formava una commissione prefettizia presieduta dal viceprefetto Antonino Contarino che avrebbe indagato sulle denunce di Parmaliana. In quel consiglio comunale si muoveva Mimmo Scilipoti, l’ex deputato dell’Idv, oggi arruolato da Berlusconi. Un canciabannera, si dice così dalle sue parti. Cambia bandiera, ovvero voltagabbana, dove le bandiere non sono poche e le parti sono le direttissime vicinanze di Barcellona Pozzo di Gotto: “la Corleone del XXI secolo”, così l’ha definita la commissione nazionale antimafia.

Le bandiere. Dal Fuan, dove nasce la sua attività politica al tempo degli studi di medicina, alla socialdemocrazia, bandiera che veste già medico, vicino a Dino Madauda. E poi l’Idv, timbro col quale entrerà in quel consiglio comunale indagato dalla commissione prefettizia. Fino ad oggi, esponente del neo Movimento per la responsabilità nazionale.

Il territorio. L’informativa Tsunami, ovvero l’informativa che ancora inquieta la magistratura barcellonese e messinese, al vaglio, per competenza, della Procura di Reggio Calabria. La stessa che arrivò sul tavolo di Francesco Pignatone dopo il suicidio di Parmaliana. Perché fu proprio Parmaliana, con quell’estremo j’accuse, a segnalare ancora l’insabbiamento di Tsunami. In quella si leggono i nomi dei “personaggi” - titolo del capitolo dell’informativa – interessati dalle indagine dei carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, allora capitanati da Domenico Cristaldi, autori di Tsunami.

Tra i nomi anche quello di Scilipoti, e così scrivono i carabinieri: “gli elementi a loro carico sono al vaglio della Commissione Prefettizia che, per avere fino a questo momento accertato una mole di irregolarità superiore a quella già enorme paventata in sede proposta, ha ottenuto ulteriori 50 giorni di tempo, per potere relazionare lo stato di sconquasso in cui versa il Comune di Terme Vigliatore”.

Sconquasso che porterà il 23 dicembre del 2005 allo scioglimento del consiglio di Terme per “ingerenze della criminalità organizzata”, con decreto firmato dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Due anni di commissariamento. Aveva gridato al successo Parmaliana, aveva scritto dei volantini: “Giustizia è stata fatta: la legalità ha vinto! Tanti dovrebbero scappare… se avessero dignità”. Domenico Munafò, allora Vicesindaco, lo aveva denunciato per diffamazione, per quel volantino. Alle elezioni successive, giugno 2008, Terme Vigliatore eleggeva 11 dei 15 componenti presenti nella vecchia amministrazione, quella sciolta da Ciampi. Alle Regionali, invece, Scilipoti inseriva – da segretario provinciale dell’Idv di Messina – nella lista di candidati Carmelo Munafò, cognato di Nunziato Siracusa, oggi in carcere per mafia, riconducibile alla cosca di Terme Vigliatore, costola dell’organizzazione mafiosa di Barcellona pozzo di Gotto.

Parmaliana, invece, nell’estate del 2008 sarebbe stato rinviato a giudizio. E il 2 ottobre successivo, si sarebbe tolto la vita

martedì 14 dicembre 2010

BERLUSCONI OTTIENE LA FIDUCIA PER TRE VOTI.

Bersani: «Irresponsabili, è una vittoria di Pirro»


''E' una vittoria di Pirro. Siamo al governo Scilipoti-Razzi. Evidentemente si e' verificata una vicenda totalmente scandalosa di compravendita di voti, che consegna al Paese un governo piu' debole e un'opposizione piu' ampia''. Cosi' il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, attacca l'esito del voto di fiducia al termine del vertice del Partito democratico.

L'intervento in Aula

''Siamo davanti ad un voto incerto, la conta e' mobile, certe botteghe non chiudono mai, sono aperte h 24 anche in questi minuti''. Cosi' il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha aperto il suo intervento alla camera per la sfiducia al governo Berlusconi, denunciando in Aula il ''calciomercato'' di voti in vista della chiama.

''Noi siamo tranquillissimi perche' comunque vada oggi per voi sara' una sconfitta, sara' una vittoria di Pirro. Lei, presidente non e' piu' in grado di governare e con un voto in piu' insegue l'instabilita' pilotata per guidare la macchina verso le elezioni''. ''Voi vi siete autoribaltati - ha attaccato il leader Pd - e noi non vogliamo che si ribalti il paese''. Bersani, alludendo all'apertura ai moderati da parte del premier Silvio Berlusconi, parla di ''curioso dibattito: c'e' un sacco di moderati in giro e c'e' un sacco di urla. Io non so piu' cosa voglia dire questa parola: moderato per me e' chi riesce a tirare la carretta con mille euro al mese e non quelli che portano i soldi all'estero e che voi condonate, o quelli che coi trattori difendono i truffatori delle quote latte. La povera gente e' moderata in questo paese, quella gente che porta pazienza oltre il segno''. Tutti i deputati del Pd battono le mani con calore, in piedi, al segretario del partito Pierluigi Bersani che ha appena concluso il suo intervento. Applausi, pero', gli sono stati rivolti anche dal finiano Fabio Granata e dai parlamentari dell'Udc. ''Ai colleghi incerti voglio dire: non diamo troppo tempo al tramonto, pensiamo al paese che e' stanco e vuole cambiare''. ''Questa giornata - afferma Bersani - passera' ma noi non possiamo vedere i bagliori di un tramonto non solo del governo ma, temiamo, di un paese''. ''Noi oggi votiamo compatti la sfiducia e siamo tranquillissimi perche' comunque per voi e' una sconfitta. Il giorno dopo, ma proprio il giorno dopo sarebbe daccapo con la testa sott'acqua. Lei sa che non e' piu' in grado di garantire stabilita' di governo, fa fare un altro giro cosi' su questa vecchia giostra al paese. E' da irresponsabili''.

ALEMANNO, BOOM DI ASSUNZIONI IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE.


di Mariagrazia Gerina 

C’è un tempo per ogni cosa. E anche nella cosiddetta Parentopoli Atac i tempi hanno una loro importanza. Termine riduttivo «Parentopoli», come indicare la parte per il tutto. Ciò che resta al netto di mogli, figli, generi e cubiste, è il grosso delle 854 assunzioni su cui indaga la magistratura, tutto ancora da raccontare. Negli uffici di via Prenestina e di via Ostiense se la ricordano ancora quella carica di segretarie e colletti bianchi: «Improvvisamente nelle stanze non c’era più nemmeno spazio per le scrivanie».

Una valanga di assunzioni che si concentra in un periodo preciso. Tra la fine del 2009 e i primi mesi del 2010. Proprio prima delle elezioni regionali. «Si tratta di assunzioni pre-elettorali, clientelismo finalizzato al voto», denuncia Umberto Marroni, capogruppo del Pd capitolino, che ha chiesto di convocare un consiglio straordinario sulla gestione delle aziende comunali. Di certo, per chi bisognava votare in Atac, nelle burrascose settimane di campagna elettorale, non era un mistero.

La nuova “razza padrona” che aveva fatto traboccare le stanze si preoccupò di attaccare i manifesti anche accanto alla macchinetta del caffé, nel piano nobile, quello dell’ufficio personale. «Vota Di Paolo, la forza dell’identità». Pietro Di Paolantonio detto Di Paolo, era il candidato prediletto del sindaco Alemanno, nonché marito della sottosegretaria Saltamartini. Il partito di Berlusconi restò fuori e i voti della “corrente” transitarono su Mario Brozzi, ex medico della Roma calcio, candidato nella lista Polverini.

Un video su Youtube - ne dava ieri notizia il Corriere della Sera - mostra il figlio dell’ex ad di Atac (anche lui una moglie piazzata nell’azienda trasporti) che stringe la mano al candidato, assicurandogli 1700 voti raccolti a Guidonia. Feudo, appunto, di Bertucci, padre e figlio, consigliere del Pdl. E territorio di origine di molti dei neo-assunti in epoca pre-elettorale. Non che nelle altre aziende sia andata diversamente. «In Ama fecero i pullman con i dipendenti per partecipare alla manifestazioni elettorali», raccontano nell’altra azienda capitolina, finita sotto inchiesta. Ma la Parentopoli non si arresta alle aziende più grandi del Gruppo Capitolino.

UN VOLTO PER LA TV Anche dalla più piccola Risorse per Roma, quella che cura i progetti urbanistici cari al sindaco, compresa la Formula Uno all’Eur, spuntano alcune vicende interessanti. I numeri delle assunzioni qui sono decisamente più bassi. Ma tra i nuovi assunti spunta anche un nome transitato per il piccolo schermo. Si tratta di Stefania La Fauci, già cantante, consacrata dalla partecipazione al festival di Sanremo, nonché presentatrice Rai. Cosa ci fa tra i dipendenti di Risorse per Roma è un mistero. «Nessuno però l’ha mai incrociata», mormorano in azienda.

Le nuove assunzioni sono in tutte una cinquantina. E tutte concentrate dopo l’arrivo dei nuovi vertici decisi da Alemanno. Maurizio Bonifati, l’ad: viene bruscamente sostituito quest’anno. Il presidente, Domenico Kappler, ex senatore di An (pezzo grosso di Nettuno, politicamente bruciato dalla “tangentopoli” locale esplosa nel 2005): porta con sé la segretaria, Alessandra Zecchino. Anche lei: «Dopo qualche settimana, non si è più vista». Infine, il vicepresidente Alfredo Tirrò, che, come Bertucci originario di Guidonia, si distingue per attivismo.

Tanto da far assumere se stesso e diventare anche responsabile del Personale. È lui nell’aprile del 2009 a promuovere nella sala riunioni l’aperitivo aziendale con la candidata: Roberta Angelilli, eletta al Parlamento europeo. Ma negli annali resterà la visita di Gheddafi in Campidoglio, nel giugno di 2009. Con tanto di pullman carico di dipendenti RpR gentilmente «messo a disposizione dall’azienda». 14 dicembre 2010

domenica 12 dicembre 2010

GIANNI ALEMANNO (sindaco di Roma) E' SOTTO ACCUSA PER LE ASSUNZIONI NELLE MUNICIPALIZZATE.

CASO


E dieci anni fa la lobby Alemanno
riempì di parenti e amici l'Agricoltura.

Decine di fedelissimi sistemati al ministero e all'Unire. Già allora l'uomo chiave era Panzironi, attuale ad dell'Ama. L'ex naziskin Vattani, oggi in Campidoglio, era segretario dell'allora ministro.

di CORRADO ZUNINO

Gianni Alemanno è sotto accusa per le assunzioni nelle municipalizzate

ROMA - Il metodo Alemanno trova la sua prima applicazione, e via via il suo cemento, tra il 2001 e il 2006: parenti e camerati assunti al ministero delle Politiche agricole e forestali. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno, oggi 53 anni, l'11 giugno 2001 fu nominato ministro del Berlusconi II. E da lì, dal Mipaf, con passo militare e mano ferma, spazzò in poche settimane le gerarchie consolidate, allontanò i dipendenti patrocinati da nemici e portò negli uffici di via XX Settembre, nel potente braccio operativo dell'Unire (l'ente di gestione dell'ippica) e nella struttura del Corpo forestale i suoi uomini. A decine. Segretari generali e magazzinieri, vigilantes e giornaliste.

Tanti impiegati, avviati in uffici amministrativi. Gianni Alemanno con i suoi boiardi di riferimento - Giuseppe Ambrosio al ministero e Franco Panzironi all'Unire (oggi è l'ad dell'Ama, municipalizzata controllata dal Comune di Roma) - per cinque anni mise in atto uno "spoil system" strutturale a favore di compagni di partito e loro familiari. Trentaquattro giorni dopo l'insediamento il ministro Alemanno nominò commissario del collassato Unire Riccardo Andriani, compagno di militanza nel Fronte della gioventù, corrente rautiana. Nel giro di quindici mesi scelse come segretario generale Franco Panzironi, manager di aziende interinali che avrebbe spalancato il mondo dell'ippica alle agenzie di collocamento a lui vicine: si entrava a chiamata diretta.

Le consulenze esterne costeranno all'Unire un milione e mezzo di euro, il segretario subirà un processo da cui uscirà assolto. Abbiamo visto come Panzironi - segretario generale, tra l'altro, della fondazione di Alemanno "Nuova Italia" - si sia portato nella municipalizzata dell'Ambiente quattro dipendenti Unire tra cui Laura Rebiscini, conduttrice di non memorabili trasmissioni per Unire Tv. L'ente ippico sotto Alemanno-Panzironi prese in affitto un palazzo Bnl con uffici larghi come piazze e offrì un lauto contratto a Bruno Vespa, poi contestato dalla Corte dei Conti.

A due alemanniani in quegli anni vennero consegnati gli uffici del calendario e della Corsa Tris, le due "casse" dell'ente. Il probiviro di An Ranieri Mamalchi, oggi responsabile degli affari istituzionali Acea (altra municipalizzata del Comune sotto inchiesta), a inizio Duemila fu chiamato dall'Alemanno ministro a fare il capo di gabinetto. A sua volta, Mamalchi impose all'Unire un ufficio stampa di fiducia a 100 mila euro l'anno e, in tempi recenti, ha sistemato il figlio Edoardo all'Ama di Panzironi. Negli ultimi due anni sono passati dall'ippica al Comune di Roma Marco Mugavero e Raffaele Marra, lui destinato alla direzione delle politiche abitative. E l'ex naziskin Mario Andrea Vattani, che in Campidoglio si occupa a 122 mila euro l'anno delle relazioni internazionali, già curava la segreteria particolare di Alemanno al Mipaf.

Sotto l'egida di Antonio Buonfiglio, sottosegretario alle Politiche agricole nel Berlusconi IV, è nato Unirelab, il laboratorio antidoping dell'ippica, un inno al clientelismo di destra e allo spreco: offre il minor numero di analisi in Europa al prezzo più caro. Il direttore generale è un sodale del primo Alemanno, quello di piazza: Paolo De Iuliis. I Nas di Milano lo hanno indagato per la qualità dei test sui cavalli. Responsabile del personale è Silvia Saltamartini, sorella del deputato Pdl Barbara, stretta collaboratrice del sindaco. In questo laboratorio specialistico è arrivato da Espn Sudamerica un improbabile giornalista sportivo argentino, parente di De Iuliis: gli hanno fatto fare un corso di anatomia negli Stati Uniti, oggi è in causa per una vicenda di rimborsi spese.

Nella greppia di Unirelab sono planati figli di amiche di Panzironi, parenti della Saltamartini, fidanzate di assessori comunali. Nel 2003 hanno aperto una seconda sede a Pomezia: è in cronico deficit, ma è l'ideale bacino di raccolta delle clientele romane. E nella sede di Settimo Milanese la ristrutturazione di una villa per allargare i laboratori si è trasformata nella consegna di tre dépendance personali ai capi.
(12 dicembre 2010) © Riproduzione riservata.

giovedì 9 dicembre 2010

COMPRAVENDITA DI DEPUTATI: SCANDALO O REATO?

"Berlusconi, ha generato fallimento e instabilità. Il problema di tutto è quella instabilità non ricada sul Paese"

Pier Luigi Bersani ha criticato con durezza le voci di compravendita di deputati in vista del voto di sfiducia, martedì prossimo. "Leggo i giornali e mi sorge spontanea una domanda: se ci si rivolge a parlamentari facendo opera di convinzione non solo sotto il profilo politico e culturale, ma anche a quello materiale siamo di fronte a uno scandalo o a un reato di corruzione?", ha dichiarato il segretario del Pd nel corso di una conferenza stampa a Roma sul federalismo fiscale.

"Questo lo vorrei chiedere ai commentatori e agli esperti, ho sentito voci che mi auguro infondato e che mi preoccupano per la salute della democrazia. C'è un'aria che suscita qualche inquietudine". Dunque, ha aggiunto, "vorrei che ci si occupasse di questa cosa".

Pier Luigi Bersani ha respinto le accuse rivolte dalla maggioranza a chi vorrebbe provocare instabilità
e un ribaltone formando un governo di transizione. “Gli argomenti della stabilità e del ribaltone sono al solito un ribaltamento della realtà. Ha fatto tutto lui", ha aggiunto parlando del premier, Silvio Berlusconi, "ha generato fallimento e instabilità". Ora, ha aggiunto, "il problema di tutto è quella instabilità non ricada sul Paese".

Quanto allo sbocco della crisi, Bersani non ha azzardato previsioni: "Come dice il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, le prospettive non sono chiare e credo che lui sia persona informata sui fatti...".

sabato 4 dicembre 2010

A ROMA GIORNO 11 DICEMBRE CON IL PARTITO DEMOCRATICO.

martedì 30 novembre 2010

SOSPESO FAGONE DALL' ARS.

 PALERMO - L'Assemblea regionale siciliana ha sospeso il deputato regionale Fausto Fagone del Pid (ex Udc), arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta Iblis della Procura di Catania che indaga sui rapporti tra mafia e politica. La sospensione del parlamentare è stata annunciata dal vice presidente dell'Ars, Santi Formica, che sta presiedendo i lavori dell'Assemblea, riunita per l'esame di atti parlamentari.

BERSANI: Professionisti e lavoratori autonomi sono nel DNA del PD.

“Vogliamo rappresentare soggetti disponibili a modernizzare Italia”


“I professionisti e i lavoratori autonomi appartengono al dna del Partito democratico. Sostenere il contrario è un luogo comune, del tutto errato.

Basti pensare a quanto hanno contato e contano nella tradizione del centrosinistra gli artigiani, i commercianti e gli altri lavoratori autonomi.

Ricordo, poi, che il Pd nasce dalla confluenza di diverse esperienze e le partite Iva sono una parte di queste esperienze”. Lo sostiene il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, in un’intervista esclusiva che esce domani su Il giornale delle partite Iva, nuovo mensile rivolto al mondo dei professionisti autonomi.

“I partiti andrebbero giudicati sui fatti, - prosegue Bersani - invece che sulla propaganda. In questa legislatura, il Pd ha presentato il ddl per lo Statuto per il lavoro autonomo e professionale, la proposta di universalizzazione dell’indennità di disoccupazione e le proposte contenute in “Fisco 20-20-20”: tutte misure che riconoscono la centralità delle partite Iva nella nostra economia e nella nostra società”.

“Basti pensare che i lavoratori autonomi non rappresentati da Ordini sono oltre tre milioni. Noi siamo un partito nazionale che guarda al bene di tutto il Paese e il nostro obiettivo è di rappresentare tutti i soggetti economici e sociali disponibili alla modernizzazione dell’Italia”.

“Per questo il Pd propone una serie di misure sia per tutelare sia per promuovere l’attività delle partite Iva. Per citarne alcune: liberalizzazione del mercato, creazione di un sostegno al reddito in caso di crisi e di inattività, sostegno alla qualificazione e riqualificazione delle competenze attraverso incremento delle deduzioni per la formazione,voucher formativi, sostegni all’avvio, consolidamento, riconversione e internazionalizzazione delle attività, sostegni dell’imprenditoria giovanile e femminile per l’avvio di attività in proprio.

Per quel che riguarda, invece, le finte partite Iva, che servono per nascondere rapporti di lavoro dipendente, il Pd ritiene che vadano trattate come tali, ossia finzioni, e che bisogna riportarle nell’alveo del lavoro dipendente”.

LE VIGNETTE DI STAINO.

domenica 28 novembre 2010

"SCIUPAFEMMENE" grazie ai soldi.

Nadia Macrì racconta il "reclutamento" di Arcore.

"Lele Mora ci portò da Fede, che fece la selezione".


La ragazza bolognese che afferma di aver incontrato più volte Berlusconi dietro compenso. "Penso ci fossero anche minorenni". Il Cavaliere mi chiamò direttamente sul cellulare e mi disse: "Sono il sogno degli italiani".

ROMA - "Ad Arcore e in Sardegna ho incontrato tante ragazze giovani, penso minorenni". Lo ha detto Nadia Macrì a Skytg24. La giovane ha raccontato anche però di non aver mai socializzato con le altre ragazze incontrate nelle varie occasioni o festa a Milano e in Sardegna. "Non si poteva parlare tra noi - ha detto dovevamo stare zitte".

"Sono andata ad Arcore per 5 mila euro - ha raccontato Nadia Macrì - ma con il presidente mi sono confidata, speravo in un aiuto da parte sua". "Forse ho sbagliato a presentarmi come una escort - ha aggiunto - avrei dovuto chiedere di fare la velina".

Nadia Macrì ha anche ripercorso l'approccio che l'ha portata a conoscere Berlusconi. "Ero ad un semaforo e un giovane mi ha fermato chiedendomi se volevo seguirlo. Mi ha poi portato nello studio di Lele Mora dove c'erano altre ragazze, tutte straniere, russe e brasiliane". "Da li siamo state portate nello studio di Emilio Fede - ha proseguito - che, finito il tg ci ha parlato una per una e ha fatto una selezione, due sono state mandate via".

"Ad Arcore la prima volta era tutto bello, si mangiava bene, c'erano solo le ragazze, Fede e la segretaria del Presidente che ci ha chiesto i numeri di telefono. Era una ragazza giovane, bionda alta, che lavora per la tv, sembrava lei ad organizzare tutto". "La selezione per me andò bene perchè mi chiamarono una seconda volta, mi contattò direttamente il presidente sul mio cellulare". Berlusconi "mi disse: 'sono il sogno degli italiani. Sono il Presidente. "Poi sono andata anche a villa Certosa, in Sardegna e lì oltre alle ragazze c'erano tanti imprenditori, avvocati, notai".

(28 novembre 2010) © Riproduzione riservata "La Repubblica.it".

venerdì 26 novembre 2010

IL SEGRETARIO DEL PD BERSANI SFIDA IL MINISTRO GELMINI: "ECCO I MIEI 30".

Bersani sfida Gelmini: «Ecco i miei 30».


Gelmini al leader Pd: «Studente ripetente». Lui mette i voti universitari online e attacca: «Lo faccia pure lei».-

 La copia del libretto universitario di Bersani pubblicata su Facebook dal leader del Pd .

MILANO - Il ministro dell'Istruzione in persona gli ha dato dello «studente ripetente», criticando la sua scelta di salire sui tetti della Sapienza. E Pier Luigi Bersani non l'ha proprio mandata giù. Orchestrando una replica degna di nota: la pubblicazione, sulla bacheca di Facebook, di una copia del suo libretto universitario. Una sfilza di 30 o 30 e lode e un solo 28, voti collezionati all'università di Bologna (guarda) che ora stanno registrando in Rete un boom di clic.



«FACCIA ALTRETTANTO» - «Come promesso, ecco i miei voti del corso di Filosofia, Storia del cristianesimo in cui mi sono laureato con 110 e lode» scrive online il segretario dei democratici. Invitando Mariastella Gelmini a fare la stessa cosa. Il guanto di sfida Bersani lo aveva lanciato al ministro già nell'aula di Montecitorio: «Pubblicherò su Internet tutti i voti di tutti i miei esami del mio corso di laurea. Mi aspetto che il ministro faccia altrettanto, completo di "giro turistico" a Reggio Calabria». Una dura replica alle critiche della titolare dell'Istruzione, che aveva bocciato l'iniziativa del leader del Pd di salire sui tetti con gli universitari. «Non si capisce se in veste di segretario precario del Pd, piuttosto che di studente ripetente» aveva detto il ministro a Mattino Cinque riferendosi a Bersani. «Il Pd - ha aggiunto la Gelmini - ha scelto di non discutere nemmeno la riforma, questa come quelle della scuola e della Pubblica amministrazione. Ho stima di alcuni parlamentari del Partito democratico, che purtroppo rappresentano una minoranza e che si battono per le riforme. Ma oggi il Pd è quello di Bersani che, appunto, sale sui tetti».


IL LIBRETTO - «Studente ripetente» non è certo l'appellativo più appropriato per Bersani, stando almeno al suo libretto universitario. Tutti 30, in alcuni casi cum laude, in materie come Letteratura italiana, Storia romana, Medievale, moderna, del Risorgimento, Storia della Chiesa, Storia del cristianesimo, Antropologia culturale, Storia delle dottrine politiche, Psicologia, Storia della filosofia, della filosofia antica e medievale, Filosofia della storia. Solo un 28, il voto più basso, in Letteratura latina. A questo punto non resta che vedere se la Gelmini raccoglierà la sfida.

Redazione online "La Repubblica".

25 novembre 2010

giovedì 25 novembre 2010

VIAGGI PRIVATI PAGATI DAL MUNICIPIO.

Presidente Consiglio comunale sotto accusa.


Obbligo di dimora per il presidente del Consiglio comunale di Agrigento del Pdl Carmelo Callari: secondo l'accusa si inventava missioni istituzionali per farsi rimborsare i viaggi privati a Roma dove frequentava l'università. La Procura aveva chiesto l'arresto.

di FABIO RUSSELLO

Agrigento - Missioni istituzionali fasulle che in realtà servivano ad esclusivi fini privati e che venivano rimborsate dal Comune. La Digos della Questura di Agrigento ha notificato un provvedimento cautelare dell'obbligo di dimora - ma la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari - firmato dal gip del Tribunale di Agrigento Luca D'Addario al presidente del Consiglio comunale Carmelo Callari, 50 anni, esponente della corrente alfaniana del Pdl. Nell'inchiesta risultano indagati altri due funzionari, per uno dei quali la Procura aveva chiesto la sospensione dall'ufficio di funzionario del Comune. Per tutti l'accusa è, a vario titolo, di truffa, peculato, abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Secondo le indagini della polizia Carmelo Callari - con il beneplacito dei due funzionari - avrebbe fatto apparire quali missioni istituzionali, viaggi che in realtà erano realizzati esclusivamente per fini propri e privati, tra cui ad esempio le trasferte a Roma per sé e per la figlia per frequentare l'università e sostenere gli esami. Callari secondo l'accusa si faceva rimborsare le spese di vitto e alloggio per i suoi familiari e anche per altre persone.

(25 novembre 2010)

martedì 23 novembre 2010

NEPOTISMO BONDIANO: SISTEMATO L'ex MARITO DELLA COMPAGNA.

E Bondi sistemò anche l’ex marito

della compagna.

Il ministro: "Non ho violato nessuna legge, sono solo intervenuto per risolvere due casi umani.

A tarda sera, dopo una giornata di dinieghi, scarichi di responsabilità e panico diffuso nel ministero, chiama anche il ministro: “Posso dare una spiegazione”. E sono parole sofferte: “Non ho violato nessuna legge. Sono solo intervenuto per risolvere due casi umani. È la tragedia di un uomo che era disoccupato e senza lavoro”. Il ministro Sandro Bondi sta parlando a Il Fatto dell’ultima vicenda di cui siamo venuti a conoscenza. Nascosta in una delle pieghe della relazione di spesa del Fus 2009, i fondi per lo spettacolo che ironia della sorte sono stati il bersaglio dei tagli di Tremonti e di tutte le polemiche contro il ministro, c’è una voce di spesa. Piccola, rispetto all’entità della cifra, ma enorme per il significato simbolico. 25 mila euro in un anno, per una consulenza assegnata al “signor Roberto Indaco”. La voce di spesa, a pagina 673 della relazione, è la più sintetica (curiosamente enigmatica) fra tutte. I cinque nomi segnalati dilungano le competenze allo spasimo. Quella di Indaco recita solo: “Teatro e moda”.



Il vero problema, non riassumibile nell’algida sinteticità di quella tabella, è che il signor Indaco è l’ex marito dell’onorevole Repetti, compagna del ministro (attualmente, guardacaso, in attesa di divorzio). Il secondo problema è che anche il figlio del signor Indaco e dell’onorevole Repetti – Fabrizio – come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, lavora (scrivania e telefono) per il ministero dei Beni culturali, alla direzione generale per il cinema. Una mutua bondiana, di difficile giustificazione davanti a un mondo dello spettacolo, in sciopero costante per una politica di tagli che non conosce redenzione o riscatto. Brunetta diceva: “tanto paga Pantalone”, ma i benefattori in questo caso, sono nelle stanze ministeriali.



Per tutto il giorno il Fatto insegue nelle pieghe dei documenti, e nelle testimonianze (estremamente imbarazzate) dei loro estensori, i 25mila euro del signor Indaco. La relazione, per esempio, è firmata dal dottor Nicola Borrelli, uno dei direttori generali del ministero, quello della sezione cinema. A Il Fatto Borrelli spiega: “Sì, è vero, anche quella tabella è formalmente firmata da me. Ma in realtà è predisposta, in tutte le sue voci, dal dottor Nastasi, braccio destro di Bondi”. Dopo un lungo inseguimento e qualche tentativo di mettersi in comunicazione rabbiosamente interrotto, si manifesta anche il capo di gabinetto, il vice di Bondi, Salvo Nastasi. Tono cortese, da grand commis d’etat: “E’ vero, quella sezione è di mia competenza. Ma si tratta, come in tutti i ministeri, di fondi che sono di esclusiva prerogativa del ministro. Noi non facciamo altro che riportare la lista dei nomi delle consulenze che lui ci fornisce e il giustificativo di spesa”. Chiamiamo allora per la prima volta il ministro, ma il telefonino squilla a vuoto. Cerchiamo allora l’onorevole Repetti. “Dottoressa, come vede, ci risentiamo”. Le chiediamo come stia, ricevendone un eloquente: “Insomma, ho passato momenti migliori”. Ma è la rivelazione della scoperta della consulenza erogata all’ex marito a lasciarla catatonica, silente, per oltre dieci lunghissimi secondi. Dopo, c’è spazio solo per la frustrazione. Clic. Recide violentemente il colloquio e all’ulteriore richiesta di un commento via sms, spedisce sei righe agre tra il disperato e l’indignato: “Purtroppo ho compreso che qualunque cosa io dicessi, verrebbe ignorata o distorta. Questa non è informazione nè giornalismo, ma una campagna strumentale e pretestuosa di diffamazione per colpire unicamente il mio compagno Sandro Bondi”.



E’ lo stesso ministro, alla fine, a chiamarci sul cellulare: “Guardi, io voglio spiegare tutto, voglio chiarire. E vorrei che deste spazio alla mia replica”. Senza dubbio. Il ministro prosegue: “Nel caso del signor Indaco, io non ho fatto altro che aiutare una persona che si trovava in una drammatica difficoltà. Aveva le competenze professionali per usufruire della consulenza, quindi non ho violato leggi, nè norme”. A Novi Ligure, il signor Indaco abita in Via Lovadino in un appartamento nella stessa palazzina dell’ex moglie. Fino al 2009 ha avuto una sua società, che poi ha chiuso. Posseva quote di un albergo della famiglia Repetti. Si è occupato anche di barche. Chiediamo al ministro come spiega che sia il figlio della compagna, sia suo marito, siano pagati con fondi ministeriali: “Si tratta di importi molto modesti. Nel caso di Roberto Indaco, al netto delle trattenute, poco più di… 1000 euro al mese”. Non si tratta di nepotismo? Bondi prende un lungo respiro. Si trova in macchina con Repetti: “Desidererei rispetto, anche da un giornale che fa il suo lavoro. Si tratta di una vicenda molto dolorosa. Di una storia amara, ma anche del tutto personale e privata”. Sì, sicuramente è vero. La vicenda è assolutamente privata. Ma i soldi sono pubblici.
di Malcom Pagani e Luca Telese

martedì 9 novembre 2010

COMIZIO DEL PARTITO DEMOCRATICO DI PALAGONIA.

Prepariamo giorni migliori per la nostra città.

Di fronte alla grave crisi politica, economica ,sociale, culturale e morale che attraversa la nostra città;
a fronte del disagio che angoscia le persone oneste ;
di fronte al crollo di un sistema politico fondato sulla marginalizzazione dei cittadini migliori e che ha indotto i giovani a fuggire dall'impegno ;
Ancora una volta il Partito Democratico invita le forze sociali , culturali e morali presenti nella città a rimboccarsi le maniche e ad impegnarsi direttamente per invertire il corso storico.
Noi siamo pronti e disponibili a unire il meglio che c'è per elaborare un progetto progressista di rinascita civile. 

Non è ancora troppo tardi ! Oggi più che mai è possibile cambiare e migliorare.

Domenica 14 novembre alle ore 18,30 comizio del PD in piazza Garibaldi. 

sabato 6 novembre 2010

Le carte dei PM sul presidente: "LOMBARDO FREQUENTAVA I BOSS".

carte dei pm sul presidente

"Lombardo frequentava i boss"

I magistrati della Dda di Catania ritengono "provati" i rapporti di Raffaele ed Angelo Lombardo con i boss delle cosche catanesi. Lo scrivono nelle 583 pagine di richiesta di arresto per gli altri politici coinvolti nell'inchiesta che vede indagato il governatore. Nelle carte gli incontri notturni di Raffaele Lombardo a casa dei capimafia

dai nostri inviati FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI

CATANIA - Eccole tutte le carte che accusano Raffaele Lombardo. Ecco le 583 pagine di richiesta di misure cautelari nei confronti di politici e imprenditori che il 31 luglio scorso la Dda di Catania ha presentato al gip Luigi Barone. Un documento riservato, filtrato dal riserbo della Procura, nel quale i sostituti procuratori Giuseppe Gennaro, Antonino Fanara, Agata Santonocito, Iole Boscarino, con il "visto, con assenso" del procuratore Vincenzo D'Agata mettono per iscritto di ritenere "provata, in punto di fatto, l'esistenza di risalenti rapporti - diretti e indiretti - degli esponenti di Cosa nostra della provincia di Catania con Raffaele Lombardo e con Angelo Lombardo".

Rapporti già emersi nella vecchia inchiesta precedentemente archiviata nei confronti del governatore e proseguiti fin dopo la sua elezione alla presidenza della Regione. Rapporto "con soggetti di sicura caratura criminale - si legge nella richiesta dei pm - non occasionale né marginale ma cospicuo, diretto e continuativo grazie al quale l'uomo politico poteva avvalersi del costante e consistente appoggio elettorale della criminalità organizzata di stampo mafioso a lui vicina".

Incontri con i boss, finanziamenti pubblici convogliati nelle casse della mafia, favori in cambio di voti ma anche di sostegno economico alle campagne elettorali. Sono venti anni di rapporti quelli condensati negli atti della Procura di Catania che si spinge fino ai giorni nostri nell'analisi della condotta del presidente della Regione.

I rapporti con il boss Rosario Di Dio - "Le intercettazioni - si legge nella richiesta dei pm - hanno dimostrato l'esistenza di rapporti diretti di Rosario Di Dio, esponente di primissimo piano della famiglia Santapaola - e Raffaele Lombardo".

E' il 26 maggio 2009, quando le cimici registrano una conversazione tra Di Dio e Salvo Politino al quale il boss racconta di una visita di Bartolo Pellegrino (omonimo dell'ex deputato regionale), assessore all'Agricoltura alla Provincia, "uomo di Raffaele Lombardo". E alla richiesta di voti per Lombardo, Di Dio risponde così: "È inutile che viene per cercare voti, perché voti non ce n'è per Raffaele... bello chiaro... quello che ho fatto io quando lui è salito per la prima volta lì, neanche se viene il Padreterno troverà più queste persone e siccome io ho rischiato la vita e la galera per lui e le cazzate che ha fatto lui... vuol dire che tu sei munnizza... da me all'una e mezza di notte è venuto ed è stato due ore e mezza, qua da me, dall'una e mezza alle quattro di mattina... si è mangiato sette sigarette".



Per tre settimane Lombardo avrebbe mandato il suo "massaro" dal boss con "tre buste piene di fac-simile", ricevendo da Di Dio un biglietto di risposta: "Caro Raffaele, è inutile che mi mandi le buste, pensa a dargli lo stipendio al massaro che ha due anni che non glielo dai"". Parole ribadite in una successiva intercettazione con il medico Salvatore Astuti, che ascoltato mercoledì in Procura, ha confermato l'accaduto. Affermazioni, quelle del boss, che i pm ritengono "riscontrate per intero" e che così commentano: "Lombardo risulta essere da tempo in rapporti di amicizia e di reciproci interessi con Di Dio. Egli recandosi nottetempo a casa dell'amico mafioso per chiedere il suo appoggio elettorale sapeva che una richiesta di voto proveniente da un soggetto dotato di indiscusso prestigio criminale non poteva essere tanto facilmente disattesa... la circostanza che l'incontro si sia svolto dall'una e mezza alle quattro di notte può spiegarsi soltanto con la consapevolezza che i fratelli Lombardo avevano di recarsi a casa di un mafioso".

La festa per l'elezione di Angelo Lombardo - Il 4 maggio 2008 si festeggia a casa del geologo Giovanni Barbagallo, il trait d'union tra i Lombardo e i boss Di Dio e Aiello. E il neoeletto deputato nazionale viene filmato dai carabinieri mentre entra ed esce dalla tenuta in cui si tiene una riunione che i pm paragonano "a quella celebre di Appalachin con la partecipazione del gotha della mafia nordamericana del tempo".

A braccetto con Basilotta - Ed è proprio dalle conversazioni tra Barbagallo e Aiello che i magistrati hanno contezza di un altro rapporto "pericoloso" del governatore, quello con l'imprenditore inquisito per mafia Vincenzo Basilotta. Siamo a giungo 2008 e "Basilotta era con il vestito a braccetto di Raffaele". "Un connubio assolutamente inusuale quanto biasimevole - scrivono i pm - tra l'uomo istituzionalmente più rappresentativo della Sicilia ed il facoltoso ma penalmente censurato imprenditore edile vestito a festa".

I soldi della mafia per la campagna elettorale di Lombardo - 1 giugno 2008, sono ancora Barbagallo e Aiello che parlano e il boss rivela come la campagna elettorale per la presidenza della Regione sia stata finanziata dalle cosche con i soldi dell'estorsione per il costruendo centro commerciale del Pigno. "Gli ho dato i soldi nostri! Del Pigno... gli ho dato a lui per la campagna elettorale... i soldi che l'impresa". Scrivono i pm: "Si tratta della più grave acquisizione investigativa che descrive il dato nudo e crudo della avvenuta consegna a Lombardo di una somma di denaro destinata al finanziamento della sua campagna elettorale disposto dal capo della più forte organizzazione mafiosa operante nella provincia di Catania".

 
Dopo l'elezione a governatore - Da neo presidente Lombardo chiude le porte ai vecchi amici. E i mafiosi non la prendono bene. "Con Raffaele ora non si può parlare più... intanto è stato eletto... non ci si può parlare! Con Angelo ancora ancora ma con Raffaele... ma li ha voluti i voti, li ha voluti... quando cercava i voti però si metteva... ". Della conversazione a più voci tra Giovanni Barbagallo ed altri mafiosi i pm danno questa interpretazione: "Dopo l'elezione di Raffaele Lombardo alla guida del governo regionale i rapporti con l'organizzazione criminale continuava a far capo ancora a Raffaele Lombardo per il tramite operativo del fratello Angelo.

Il ruolo di Angelo Lombardo è dunque quello di incaricato della gestione di affari che interessavano in vario modo il gruppo criminale e che chiamavano in causa e postulavano l'esercizio dei poteri decisionali spettanti al fratello Raffaele. A partire dall'elezione di Lombardo alla presidenza della Regione il referente politico dell'organizzazione criminale Santapaola diviene formalmente Angelo Lombardo".

I magistrati in giunta - "Ma che gli ha messo a due della Dda in giunta?". L'ingresso nel primo governo Lombardo di due magistrati venne così commentato dal boss Vincenzo Aiello al quale Barbagallo spiegava: " Sta cercando di fare le coperture".

E i pm sottolineano: "Le acquisizioni investigative operate nel corso della presente indagine dimostrano che la decisione di Lombardo (di inserire magistrati in giunta, ndr) era, in effetti, frutto di una strategia che mirava a disegnare la figura del nuovo presidente della Regione come di un politico che non solo non intratteneva rapporti di contiguità con ambienti del malaffare politico-mafioso ma che, anzi, combatteva con forza il tentacolare mondo del crimine organizzato fino al punto da inserire nella giunta regionale, per la prima volta nella storia del parlamento siciliano, due magistrati - Massimo Russo e Giovanni Ilarda - e di presentarsi all'opinione pubblica come soggetto politico che, godendo della fiducia di due autorevoli e noti magistrati siciliani, non era per ciò stesso sospettabile di contiguità alcuna con soggetti o settori del crimine organizzato".

Ventidue milioni di euro della Regione alle cosche - Da Lombardo i mafiosi volevano soldi e appalti. "La mafia - scrivono i pm - non supportava Lombardo per ragioni ideali ma operava per ottenere quale contropartita la possibilità di controllare appalti pubblici finanziati e gestiti dalla Regione o alimentati da risorse statali o comunitarie". E di soldi pubblici nelle casse delle cosche catanesi ne sarebbero entrati e non pochi a giudicare dalle parole di Barbagallo che al boss Vincenzo Aiello fa così i conti: "Perché io Enzo per quello che ho potuto fare 22 milioni di euro li ho fatti arrivare".

" La Repubblica" (05 novembre 2010) © Riproduzione riservata

giovedì 4 novembre 2010

INTERROGATI FAGONE E SANGIORGI.

11/2010 - Fagone, l'avvocato: "L'abbraccio con Di Dio? Fuorviante"


Il legale del deputato regionale del deputato Pid: "Il presunto boss dei Santapaoliani di Palagonia è titolare di un'area di servizio, dove il mio cliente si fermava spesso ed è capitato di scambiare quattro chiacchiere.
                                    
di GERARDO MARRONE

CATANIA. “L’immagine di quell’incontro, di quell’abbraccio, è fuorviante. Fausto Fagone ha risposto a tutte le domande e ai magistrati ha ricordato che Rosario Di Dio (presunto boss santapaoliani di Palagonia, n.d.r.) è titolare di un’area di servizio alle porte di Palagonia dove gli capitava spesso di fermarsi e col quale è capitato di scambiare solo chiacchiere, sempre di argomento lecito”. All’uscita dal carcere catanese di Bicocca, dove si sono tenuti stamattina gli interrogatori di garanzia di alcuni indagati tratti in arresto ieri nell’ambito dell’operazione “Iblis”, queste le prime dichiarazioni del penalista Giuseppe Marletta, avvocato difensore del deputato regionale del Pid ed ex sindaco di Palagonia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. “A Fagone – continua Marletta – è anche contestato di avere favorito il clan Santapaola con appalti banditi dal Comune di Palagonia, ma lui ha replicato che alcuni si riferiscono a periodi successivi alla sua sindacatura e altri sono stati assegnati a evidenza pubblica, quindi aperti a tutti e selezionati dagli uffici in base al criterio della migliore offerta”. L’ avvocato Giuseppe Marletta, che solo nei prossimi giorni deciderà se ricorrere al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione di Fausto Fagone, è anche difensore del consigliere provinciale Nino Sangiorgi, accusato di associazione mafiosa: “Anche lui ha risposto a tutte le domande e ha, tra l’ altro, contestato un’intercettazione a suo carico dicendo che quella non è la sua voce. Chiederemo una perizia. Sangiorgi ha detto di essere amico d’infanzia con Rosario Di Dio ma di non avere alcun legame malavitoso con lui. Non si dimetterà da consigliere provinciale, perchè s’è proclamato innocente


mercoledì 3 novembre 2010

ARRESTATO FAUSTO FAGONE

Operazione Iblis, arrestato il deputato regionale Fagone
Mafia e colletti bianchi, 47 arresti a Catania

Blitz dei Ros a Catania, operazione in cui è indagato anche Lombardo

 Provvedimenti restrittivi anche nei confronti di un consigliere della Provincia di Catania, di un assessore di Palagonia e uno di Ramacca. No alla richiesta avanzata per Cristaudo

CATANIA. Tra gli arrestati dell'operazione Iblis del Ros c'e anche il deputato regionale dei Popolari Italia domani (Pid) Fausto Fagone. Provvedimenti restrittivi sono stati emessi anche nei confronti del consigliere della Provincia di Catania dell'Udc, Antonino Sangiorgi, dell'assessore del Comune di Palagonia, Giuseppe Tomasello, e dell'imprenditore e assessore al Comune di Ramacca, Francesco Ilardi.

Il Gip Luigi Barone ha rigettato la richiesta di arresto avanzata dalla Procura nei confronti del deputato regionale ex Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto Giovanni Cristaudo

fonte: il giornale di sicilia.it del 03/11/2010.

martedì 2 novembre 2010

ADDIO ALLE BORSE DI STUDIO tagliato il 90% dei fondi

Ridotti i fondi per gli atenei: per il 2011 la Gelmini prevede solo 26 milioni. Oltre 180 mila studenti hanno diritto all'assegno, ma otto su dieci non lo riceveranno

di SALVO INTRAVAIA e CORRADO ZUNINO

Torino, protesta contro i tagli

Arrivano tagli che sono colpi d'accetta e servono a celebrare nuove amputazioni nella scuola italiana. Con un passaggio della manovra finanziaria fin qui rimasto nascosto il ministro Maria Stella Gelmini, sotto la scorta del suo tutore Giulio Tremonti, ha decretato la fine dell'istituto della borsa di studio.



Un taglio ai finanziamenti del 90%. Un'altra morte per mancanza fondi, nella scuola ai tempi della Gelmini, dopo la riduzione del tempo pieno, la cancellazione delle graduatorie dei ricercatori, la soppressione di alcuni atenei.

È nata con la liberazione d'Italia, Regio decreto 574 del 1946, la borsa di studio universitaria e ha accompagnato l'evoluzione della democrazia scolastica offrendo fino al 2001 una possibilità di mantenimento a studenti in corso, fuori sede, sotto le soglie dell'Isee, meritevoli. In due anni, con il colpo d'accetta tirato lo scorso 14 ottobre sul tavolo del penultimo Consiglio dei ministri, l'ammontare in euro delle borse da erogare è passato da 246 milioni a 25,7. Un -89,55% che peggio di così c'è solo la loro soppressione. E nel 2012 si arriverà a 13 milioni scarsi trasformando la borsa universitaria in un premio per élite scelte.



Questa - 25,7 milioni - è la quota di finanziamento governativo per il 2011 all'interno di un sistema, quello delle università, fortemente regionalizzato. Già. Lo stato di crisi generale delle Regioni italiane, in particolare al Sud, abbatte le residue speranze. Così oggi su una platea di 184.034 aventi diritto, l'80 per cento non prenderà quei mille, a volte duemila euro (si decide per bandi regionali) che spesso rappresentano una necessità per gli studenti che li ricevono. "Con una borsa di studio, oggi, non si studia, ci si mantiene", racconta Claudio Riccio, universitario della Link, "si paga un pezzo dell'affitto se si vive fuori dalla propria sede naturale, si pagano pranzi e cene lontane dalla mensa convenzionata, l'abbonamento mensile alla municipalizzata trasporti". Libri, dispense, aggiornamenti, viaggi di preparazione restano fuori da una borsa di studio, che a tutto serve meno che a studiare.



Gli iper tagli dell'assegno universitario dicono come il fragile welfare studentesco italiano stia franando e contribuisca ad acuire le distanze tra università del Sud e del Nord: è sempre più intensa, infatti, la salita di ventenni meridionali alla ricerca di università dalla borsa di studio possibile. Piemonte, Toscana, Emilia sono regioni che ancora possono dare concretezza alle promesse scritte sui bandi annuali. Chi ha un reddito familiare (della famiglia di provenienza) sotto i 17mila euro, oggi può accedere alla possibilità di un finanziamento pubblico. E se ottiene medie scolastiche sopra la media, può entrare nella graduatoria degli aventi diritto. Nella maggior parte dei casi inutilmente: per otto studenti su dieci non ci sono soldi. Tra l'altro, le graduatorie regionali del 2010 sono per definizione amministrativa "definitive non confermate". Cioè, non valgono nulla fin qui: l'autunno è inoltrato e gli studenti d'ateneo ancora non sanno a chi toccherà lo scalpo della borsa di studio.



Dall'assegno universitario istituito nel 1963 e immaginato come un pre-salario - 200mila lire per gli studenti che vivevano nella loro città, 360mila lire per i fuori sede - alle norme del 1991, scritte per "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso all'istruzione superiore e per consentire ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi", alle ultime definizioni legislative dell'aprile 2001 la borsa di studio ha seguito, e a volte anticipato, le conquiste lavorative e civili del paese. Nelle ultime due stagioni il governo Berlusconi ha smantellato tutto. E se, come rileva una tesi presentata quest'anno a Scienze politiche della Sapienza, "Il diritto allo studio universitario in Italia", l'80 per cento dei meritevoli e bisognosi studenti italiani non percepisce l'assegno meritato, in Francia si scende al 70%, in Germania al 60%, in Olanda addirittura al 4%. D'altronde l'Italia, appare sempre meno un caso, resta il paese con il tasso d'abbandono universitario più alto.



(02 novembre 2010) © Riproduzione riservata

lunedì 1 novembre 2010

TUTTI LIBERI GRAZIE AL BUNGA BUNGA

domenica 31 ottobre 2010

SFIDUCIATO IL SINDACO CALANDUCCI. REALIZZATO IL PROGETTO FAGONIANO?

Ieri, 30 novembre 2010, è stata votata da 15 consiglieri comunali la sfiducia al sindaco di Palagonia avv. Francesco Calanducci.

Tra  quelli che hanno votato l'atto che pone fine al mandato di Calanducci, 10 sono componenti della maggioranza che lo aveva eletto, e fra questi  3 facevano parte dello stesso partito dell'ex primo cittadino: Malgioglio, Fazzino e l'ultimo arrivato ing.Astuti.

 L'atto provoca un vero terremoto politico, infatti, 3 consiglieri del MPA e 4 dell'UDC sono stati espulsi dai rispettivi partiti.

Se dovesse essere confermata dagli organi competenti la regolarità del procedimento, (ci sono in tal senso opinioni discordanti), la città verrà amministrata, fino alla prossima tornata elettorale, da un commissario nominato dalla regione Sicilia.

               TUTTO CIO' REALIZZA L'ORIGINARIO PROGETTO FAGONIANO?

La candidatura di Calanducci, e comunque di ogni altro rispettabile cittadino palagonese, doveva essere lo specchietto per le allodole che, volendo contribuire al ricambio politico, non pensavano di votare nè con la destra nè con la sinistra.

L'ex sindaco Fagone, assicuratasi l'elezione al consiglio regionale, aveva bisogno di qualcuno a cui addossare la responsabilità di risanare i conti comunali, che egli e il padre avevano gravemente dissestato lasciando in eredità molti milioni di euro di debiti.

Ciò doveva avvenire con un sindaco di personale riferimento che in silenzio continuasse la sua dissennata azione amministrativa  elargendo prebende e coprendo le precedenti nefandezze.

L'avv. Calanducci resosi conto  di tutto ciò, nonchè della gravità degli atti compiuti dal suo predecessore, ritenne, giustamente, di prendere le distanze da quel progetto.

 Ma il consiglio comunale ha dimostrato di essere strumento inutile nelle mani della FAMIGLIA FAGONE: niente moralizzazione, niente programma politico, nessuna attività per risolvere i problemi delle famiglie, dei giovani, del lavoro e del decoro urbano, nessuna etica e nessuna appartenenza politica.

I consiglieri comunali non rispondono al popolo ma al PADRONE consentendo allo stesso di raggiungere i suoi obiettivi: PALAGONIA SENZA DEMOCRAZIA E SENZA SVILUPPO.

martedì 26 ottobre 2010

TRUFFA, ARRESTATO CONSIGLIERE REGIONALE PDL.

Rifiuti a Minturno, Romolo Del Balzo è accusato per una vicenda legata allo smaltimento

di MASSIMO LUGLI  "La Repubblica -ROMA"



Quando i Baschi Verdi gli hanno mostrato l'ordinanza di custodia in carcere è sbiancato ed è stato colto da un malore. Uno shock inaspettato per Romolo Del Balzo, 55 anni, consigliere regionale del Pdl, travolto, assieme ad altre sei persone, dall'indagine sullo smaltimento dei rifiuti di Minturno, un paese in provincia di Latina finito nel mirino della procura per una storia di immondizia accumulata alla rinfusa, mezzi non funzionanti, carenze amministrative. Accusato di truffa ai danni del comune, Del Balzo (che all'epoca dei fatti era presidente del consiglio comunale e attualmente presiede la commissione Lavori pubblici della Pisana) è finito in ospedale in attesa del trasferimento in carcere. L'esponente del Pdl è scampato, comunque, all'imputazione più grave che si è abbattuta sugli altri indagati: quella di associazione per delinquere.



Un arresto che ha scatenato un prevedibile terremoto politico e molte, tiepide, attestazioni di solidarietà. "Nell'indagine che lo vede indagato l'onorevole auspica celerità per chiarire la sua posizione, rimanendo fiducioso nel lavoro della magistratura" è il commento del consigliere pidiellino tramite una nota del suo ufficio stampa. In manette sono finiti anche un impiegato del comune, Michele Camerata, il dirigente del servizio ambiente, Giuseppe Papa, due dipendenti della Ego Eco, la società che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel centro del sud Pontino, Liberato De Simone e Gerardo Ruggeri e due amministratrici della stessa impresa, Augusta Ciummo e Anna Romano.



Le ordinanze di custodia sono state richieste dal Pm della procura di Latina Giuseppe Miliano e firmate dal Gip Costantino de Robbio. I militari della finanza di Formia hanno messo sotto sequestro tre società che operano nel campo dello smaltimento dei rifiuti oltre a immobili e conti correnti per un valore complessivo di 15 milioni.

L'inchiesta, scattata nell'agosto 2008, aveva già fatto due vittime: un funzionario del comune di Minturno e un imprenditore di Cassino. La procura aveva individuato e sequestrato due aree adibite a stoccaggio e smaltimento di rifiuti industriali per una superficie complessiva di 30 mila metri quadrati e scarti per un totale di 84 tonnellate. L'accusa, nei confronti del consigliere regionale è di aver favorito la Ego Eco approfittando della sua posizione di presidente del consiglio comunale.



Nell'ordinanza di custodia del Gip vengono elencati, puntigliosamente, i disservizi che dimostrano come la società abbia approfittato delle protezioni politiche: contributi previdenziali del dipendenti non pagati, nessuna raccolta differenziata, automezzi privati usati per il servizio e che cadevano a pezzi e addirittura senza assicurazione, un gioco di scatole cinesi da un appalto all'altro. Altre sorprese dovrebbero arrivare in futuro e, forse, anche altri arresti eccellenti.

venerdì 22 ottobre 2010

BERLUSCONI E GLI IMBECILLI.

Il Cavaliere e gli imbecilli - art.di MARCO BRACCONI.
Nella intervista alla Faz Silvio Berlusconi svela un retroscena che ai più, in queste settimane, era sfuggito: “Il Lodo Alfano? Io non l’ho mai chiesto”.

Davanti a questa frase una parte consistente degli italiani – e credo perfino dei lettori tedeschi – avrà l’impulso immediato di sbellicarsi dalle risa. E invece c’è poco da ridere. Perché la frase del Cavaliere, dietro la sua palese assurdità, dimostra tre cose.

Primo: Silvio Berlusconi, capo del governo italiano, considera i suoi concittadini degli imbecilli.

Secondo: tanti dei suddetti concittadini continuano a farsi trattare da imbecilli senza fiatare.

Terzo: tutti quelli che invece trasecolano per l’assurdità proferita dal premier penseranno una volta di più che i milioni che lo votano sono imbecilli.
E questo non solo fa malissimo all’Italia, ma non è neanche vero.

lunedì 18 ottobre 2010

PREPARIAMO GIORNI MIGLIORI PER LA NOSTRA CITTA'.

                                                  RIMBOCCHIAMOCI LE MANICHE

Dopo QUINDICI LUNGHI ANNI di politiche monopolizzate dalla famiglia Fagone e destinate ad affossare socialmente, culturalmente ed economicamente la città

dopo QUINDICI LUNGHI ANNI di inciuci amministrativi ( Fagone padre – LISTE CIVICHE , Fagone padre FORZA ITALIA , Fagone figlio UDC – FORZA ITALIA – AN ; Calanducci MPA, UDC , LISTE CIVICHE ) destinati a sciogliere qualsiasi desiderio di democrazia partecipata e di onesta e corretta gestione della VITA PUBBLICA;

dopo LUNGHI MESI di tentativo confuso e vano del Sindaco Calanducci di riportare alla “LEGALITA’ la gestione Amministrativa ;

                                                 DOPO TUTTO QUESTO
RESTANO SOLO DISAGIO , SFIDUCIA , CRISI ECONOMICA E SOCIALE
FACILMENTE VACILLA LA SPERANZA DI POTER CONTRIBUIRE A CAMBIARE IL CORSO STORICO DEL DEGRADO IMPERANTE.

MA LA DEMOCRAZIA E’ UN BENE CHE NON PUO’ ESSERE CEDUTO , E’ UN BENE CHE PUO’ PRODURRE RICCHEZZA PER TUTTI , SVILUPPO SOCIALE ED ECONOMICO

ANCORA UNA VOLTA INVITIAMO I GIOVANI, LE DONNE , LE FORZE PRODUTTIVE E DEL LAVORO , GLI STUDENTI E GLI INSEGNANTI , GLI ANZIANI , TUTTE LE PERSONE ONESTE CHE CREDONO NELLA DIGNITA’ DELLA PERSONA ,  A RIMBOCCARSI LE MANICHE , A PARTECIPARE LA POLITICA INSIEME AL NOSTRO PARTITO , A PREPARARE GIORNI MIGLIORI PER NOI E PER I NOSTRI FIGLI.

                                                        VI ASPETTIAMO
OGNI SABATO SERA ALLE ORE 18,30 PRESSO LA NOSTRA SEDE , IN PIAZZA GARIBALDI.

PD E’ IL PARTITO DI TUTTI I DEMOCRATICI, DI TUTTI I RIFORMISTI , DI TUTTI I PROGRESSISTI, DI TUTTI I LAVORATORI E LE LAVORATRICI , DI TUTI COLORO CHE ASPIRANO AD UN LAVORO DIGNITOSO.



COLLEGATI AL NOSTRO SITO : www.pdpalagonia.it

giovedì 14 ottobre 2010

SEQUESTRO DI BENI A DEPUTATO REGIONALE ELETTO CON LA PDL ED ORA PASSATO CON IL PARTITO "FORZA SUD" di MICCHICHE.'

"Deputato regionale e prestanome dei boss"

Sequestro di beni a Mineo, delfino di Miccichè

Franco Mineo incastrato da una microspia mentre divide gli affitti di alcuni immobili con il cassiere del clan dell'Acquasanta. E dice: "Solo, solo che partner che c'hai...". Eletto nel Pdl, il deputato è vicecapogruppo all'Assemblea regionale siciliana di "Forza del Sud" il nuovo movimento berlusconiano fondato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio

di SALVO PALAZZOLO


Lo storico clan del rione Acquasanta avrebbe potuto contare su un insospettabile prestanome per gestire le proprie ricchezze: Franco Mineo, deputato regionale eletto nella lista del Popolo delle libertà, uno dei grandi sostenitori del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianfranco Miccichè. Questa mattina, gli agenti del centro operativo Dia di Palermo gli hanno notificato un decreto di sequestro per tre immobili, firmato dal gip Piergiorgio Morosini su richiesta del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti Pierangelo Padova e Dario Scaletta. Mineo è indagato per trasferimento faudolento di valori, con l'aggravante di aver favorito l'organizzazione Cosa nostra. Stamattina è scattata la perquisizione nell'abitazione del deputato e nel suo ufficio dell'Assemblea regionale a Palazzo dei Normanni.



A metterlo nei guai sono state le intercettazioni disposte dalla Direzione distrettuale antimafia: una cimice, piazzata nell'agenzia di assicurazione gestita dal deputato, avrebbe registrato più di un dialogo imbarazzante. Periodicamente, Mineo divideva gli affitti dei tre immobili con Angelo Galatolo, ufficialmente solo un usciere dell'azienda sanitaria 6 di Palermo, in realtà ritenuto dagli inquirenti il cassiere del clan dell'Acquasanta.



"Mineo e Galatolo erano in società occulta", questa l'accusa contenuta nel decreto di sequestro preventivo. "Solo, solo che partner che c'hai - dice il deputato regionale all'esponente mafioso, non sospettando affatto di essere intercettato - guarda, un assegno di 3450 euro...". Angelo, figlio del boss Gaetano Galatolo, era stato arrestato alcuni anni fa, per estorsione: le dichiarazioni dei pentiti lo chiamavano in causa come il volto pulito del clan. Ma poi fu assolto. Nel 2002, gli furono trovati a casa due lingotti d'oro, 32 mila euro in contanti e 81 mila euro di assegni: davvero troppo per un usciere. E così, gli furono sequestrati i beni.



Adesso, l'indagine della Dia chiama in causa Franco Mineo, che da qualche giorno è al centro del dibattito politico per la nascita di "Forza del Sud". Mineo è vicecapogruppo all'Assemblea regionale siciliana della nuova formazione filo berlusconiana cerata da Gianfranco Miccichè.



Il nome del deputato regionale oggi indagato era già emerso nei mesi scorsi per alcuni strani contatti con un mafioso in particolare dell'Acquasanta, Gaetano Scotto, l'uomo al centro dei misteri nella strage Borsellino. Nel 1992, Mineo e Scotto si sentivano spesso al telefono, così accertò l'allora consulente della Procura di Caltanissetta, Gioacchino Genchi. Ma cosa avevano da dirsi? Nel maggio scorso, Repubblica lo chiese a Mineo. La sua risposta fu netta: "All'epoca, Scotto non aveva alcuna pendenza giudiziaria e io da 28 anni sono assicuratore. Nel mio quartiere tutti si rivolgono a me per una polizza. Anche Scotto l'ha fatto. Non c'è alcun mistero".



Forse, pure Angelo Galatolo sarà stato uno dei clienti del deputato-assicuratore Franco Mineo. Questa volta, però, non ci sono soltanto i tabulati telefonici ad accusare il politico del Pdl. Ma le sue stesse parole. La cimice della Dia ha registrato persino i pesanti giudizi di Mineo su un collaboratore di giustizia, Angelo Fontana, l'unico del clan Galatolo ad essersi pentito: "I Fontana con voi non hanno niente a che fare - diceva il deputato ad Angelo Galatolo - non hanno la storia tua". Storia di mafia antica. All'Acquasanta, i Galatolo sono diventati ricchi e potenti imponendo il ricatto all'interno dei Cantieri navali.

lunedì 11 ottobre 2010

FALSI "BIOLOGICI" IN SICILIA.

Falsi limoni biologici argentini, sequestro a Siracusa



SIRACUSA. Provenivano dall'Argentina ma erano destinati a finire sul mercato dei prodotti di agricoltura biologica pur non avendone i necessari requisiti quanto a modalità di coltivazione e di successiva "lavorazione". Per questo motivo i carabinieri di Siracusa, assieme al Nas di Ragusa, hanno fatto scattare il sequestro di oltre 150 tonnellate di limoni che si trovavano già nelle linee di lavorazione di un'azienda agrumicola di Cassibile, che sono state fermate. Sigilli anche per i maxi contenitori refrigerati dove erano custoditi gli agrumi. Due le persone denunciate in stato di libertà all'autorità giudiziaria: si tratta dei titolari dell'azienda nella quale sono stati trovati i "falsi" limoni biologici che hanno un valore di mercato di circa 300 mila euro. Quando i carabinieri sono entrati nello stabilmento, da un varco secondario, hanno trovato le linee in piena produzione e gli operai al lavoro: secondo quanto accertato dagli investigatori, i limoni argentini venivano privati di ogni etichetta e marchio identificativo circa la loro reale provenienza ed il tipo di lavorazione, venivano quindi "lavati" e immessi sul mercato dell'agricoltura biologica.

venerdì 1 ottobre 2010

GRAZIE ALLE FIRME DI DUE CONSIGLIERI DEL MOVIMENTO PER L'AUTONOMIA, STESSO PARTITO DEL PRIMO CITTADINO, PRESENTATA LA MOZIONE DI SFIDUCIA AL SINDACO CALANDUCCI.

PRESENTATA LA MOZIONE DI SFIDUCIA AL SINDACO CALANDUCCI


Venerdì 01 Ottobre 2010 10:22

E’ stata presentata questa mattina, al protocollo generale del Comune, la mozione di sfiducia al sindaco Francesco Calanducci.

I firmatari della mozione sono tredici consiglieri comunali: Bernardo Vaccaro, Francesco Curcuruto, Carmelo Liggieri, Febronio Calcagno, Raffaele Benincasa, Giovanni Campisi, Maurizio Garibaldi, Fabrizio Brancato, Raffaele Malgioglio, Francesco Fazzino, Gaetano Costanzo, Maurizio Toro, Giuseppe Astuti.

Dopo la bocciatura del documento per la salvaguardia degli equilibri di bilancio per l’esercizio 2010 arriva da parte degli stessi consiglieri la mozione di sfiducia a dimostrazione della frattura aperta all’interno della compagine che fin qui ha sostenuto il primo cittadino.

Nella motivazione i tredici accusano il sindaco Calanducci di “non aver rispettato il programma elettorale”, puntando l’indice contro “stato di abbandono in cui versa il comune”, frutto di “un’attività politico amministrativa pesantemente ingessata”.

Ora la parola passa al consiglio comunale che sarà convocato non prima di dieci giorni e non oltre i trenta dalla presentazione della mozione.

Per sfiduciare il sindaco dovrà essere votata per appello nominale da tredici consiglieri che sono il 65% di quelli assegnati, ai sensi dell’art. 2 comma 1 L.R. n. 25 del 16/12/2000

Per la fine naturale della legislatura manca poco più di due anni e mezzo ma, a questo punto, sembra profilarsi una conclusione anticipata.







Salvo Reitano (Responsabile Ufficio Stampa)

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