martedì 30 novembre 2010

SOSPESO FAGONE DALL' ARS.

 PALERMO - L'Assemblea regionale siciliana ha sospeso il deputato regionale Fausto Fagone del Pid (ex Udc), arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta Iblis della Procura di Catania che indaga sui rapporti tra mafia e politica. La sospensione del parlamentare è stata annunciata dal vice presidente dell'Ars, Santi Formica, che sta presiedendo i lavori dell'Assemblea, riunita per l'esame di atti parlamentari.

BERSANI: Professionisti e lavoratori autonomi sono nel DNA del PD.

“Vogliamo rappresentare soggetti disponibili a modernizzare Italia”


“I professionisti e i lavoratori autonomi appartengono al dna del Partito democratico. Sostenere il contrario è un luogo comune, del tutto errato.

Basti pensare a quanto hanno contato e contano nella tradizione del centrosinistra gli artigiani, i commercianti e gli altri lavoratori autonomi.

Ricordo, poi, che il Pd nasce dalla confluenza di diverse esperienze e le partite Iva sono una parte di queste esperienze”. Lo sostiene il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, in un’intervista esclusiva che esce domani su Il giornale delle partite Iva, nuovo mensile rivolto al mondo dei professionisti autonomi.

“I partiti andrebbero giudicati sui fatti, - prosegue Bersani - invece che sulla propaganda. In questa legislatura, il Pd ha presentato il ddl per lo Statuto per il lavoro autonomo e professionale, la proposta di universalizzazione dell’indennità di disoccupazione e le proposte contenute in “Fisco 20-20-20”: tutte misure che riconoscono la centralità delle partite Iva nella nostra economia e nella nostra società”.

“Basti pensare che i lavoratori autonomi non rappresentati da Ordini sono oltre tre milioni. Noi siamo un partito nazionale che guarda al bene di tutto il Paese e il nostro obiettivo è di rappresentare tutti i soggetti economici e sociali disponibili alla modernizzazione dell’Italia”.

“Per questo il Pd propone una serie di misure sia per tutelare sia per promuovere l’attività delle partite Iva. Per citarne alcune: liberalizzazione del mercato, creazione di un sostegno al reddito in caso di crisi e di inattività, sostegno alla qualificazione e riqualificazione delle competenze attraverso incremento delle deduzioni per la formazione,voucher formativi, sostegni all’avvio, consolidamento, riconversione e internazionalizzazione delle attività, sostegni dell’imprenditoria giovanile e femminile per l’avvio di attività in proprio.

Per quel che riguarda, invece, le finte partite Iva, che servono per nascondere rapporti di lavoro dipendente, il Pd ritiene che vadano trattate come tali, ossia finzioni, e che bisogna riportarle nell’alveo del lavoro dipendente”.

LE VIGNETTE DI STAINO.

domenica 28 novembre 2010

"SCIUPAFEMMENE" grazie ai soldi.

Nadia Macrì racconta il "reclutamento" di Arcore.

"Lele Mora ci portò da Fede, che fece la selezione".


La ragazza bolognese che afferma di aver incontrato più volte Berlusconi dietro compenso. "Penso ci fossero anche minorenni". Il Cavaliere mi chiamò direttamente sul cellulare e mi disse: "Sono il sogno degli italiani".

ROMA - "Ad Arcore e in Sardegna ho incontrato tante ragazze giovani, penso minorenni". Lo ha detto Nadia Macrì a Skytg24. La giovane ha raccontato anche però di non aver mai socializzato con le altre ragazze incontrate nelle varie occasioni o festa a Milano e in Sardegna. "Non si poteva parlare tra noi - ha detto dovevamo stare zitte".

"Sono andata ad Arcore per 5 mila euro - ha raccontato Nadia Macrì - ma con il presidente mi sono confidata, speravo in un aiuto da parte sua". "Forse ho sbagliato a presentarmi come una escort - ha aggiunto - avrei dovuto chiedere di fare la velina".

Nadia Macrì ha anche ripercorso l'approccio che l'ha portata a conoscere Berlusconi. "Ero ad un semaforo e un giovane mi ha fermato chiedendomi se volevo seguirlo. Mi ha poi portato nello studio di Lele Mora dove c'erano altre ragazze, tutte straniere, russe e brasiliane". "Da li siamo state portate nello studio di Emilio Fede - ha proseguito - che, finito il tg ci ha parlato una per una e ha fatto una selezione, due sono state mandate via".

"Ad Arcore la prima volta era tutto bello, si mangiava bene, c'erano solo le ragazze, Fede e la segretaria del Presidente che ci ha chiesto i numeri di telefono. Era una ragazza giovane, bionda alta, che lavora per la tv, sembrava lei ad organizzare tutto". "La selezione per me andò bene perchè mi chiamarono una seconda volta, mi contattò direttamente il presidente sul mio cellulare". Berlusconi "mi disse: 'sono il sogno degli italiani. Sono il Presidente. "Poi sono andata anche a villa Certosa, in Sardegna e lì oltre alle ragazze c'erano tanti imprenditori, avvocati, notai".

(28 novembre 2010) © Riproduzione riservata "La Repubblica.it".

venerdì 26 novembre 2010

IL SEGRETARIO DEL PD BERSANI SFIDA IL MINISTRO GELMINI: "ECCO I MIEI 30".

Bersani sfida Gelmini: «Ecco i miei 30».


Gelmini al leader Pd: «Studente ripetente». Lui mette i voti universitari online e attacca: «Lo faccia pure lei».-

 La copia del libretto universitario di Bersani pubblicata su Facebook dal leader del Pd .

MILANO - Il ministro dell'Istruzione in persona gli ha dato dello «studente ripetente», criticando la sua scelta di salire sui tetti della Sapienza. E Pier Luigi Bersani non l'ha proprio mandata giù. Orchestrando una replica degna di nota: la pubblicazione, sulla bacheca di Facebook, di una copia del suo libretto universitario. Una sfilza di 30 o 30 e lode e un solo 28, voti collezionati all'università di Bologna (guarda) che ora stanno registrando in Rete un boom di clic.



«FACCIA ALTRETTANTO» - «Come promesso, ecco i miei voti del corso di Filosofia, Storia del cristianesimo in cui mi sono laureato con 110 e lode» scrive online il segretario dei democratici. Invitando Mariastella Gelmini a fare la stessa cosa. Il guanto di sfida Bersani lo aveva lanciato al ministro già nell'aula di Montecitorio: «Pubblicherò su Internet tutti i voti di tutti i miei esami del mio corso di laurea. Mi aspetto che il ministro faccia altrettanto, completo di "giro turistico" a Reggio Calabria». Una dura replica alle critiche della titolare dell'Istruzione, che aveva bocciato l'iniziativa del leader del Pd di salire sui tetti con gli universitari. «Non si capisce se in veste di segretario precario del Pd, piuttosto che di studente ripetente» aveva detto il ministro a Mattino Cinque riferendosi a Bersani. «Il Pd - ha aggiunto la Gelmini - ha scelto di non discutere nemmeno la riforma, questa come quelle della scuola e della Pubblica amministrazione. Ho stima di alcuni parlamentari del Partito democratico, che purtroppo rappresentano una minoranza e che si battono per le riforme. Ma oggi il Pd è quello di Bersani che, appunto, sale sui tetti».


IL LIBRETTO - «Studente ripetente» non è certo l'appellativo più appropriato per Bersani, stando almeno al suo libretto universitario. Tutti 30, in alcuni casi cum laude, in materie come Letteratura italiana, Storia romana, Medievale, moderna, del Risorgimento, Storia della Chiesa, Storia del cristianesimo, Antropologia culturale, Storia delle dottrine politiche, Psicologia, Storia della filosofia, della filosofia antica e medievale, Filosofia della storia. Solo un 28, il voto più basso, in Letteratura latina. A questo punto non resta che vedere se la Gelmini raccoglierà la sfida.

Redazione online "La Repubblica".

25 novembre 2010

giovedì 25 novembre 2010

VIAGGI PRIVATI PAGATI DAL MUNICIPIO.

Presidente Consiglio comunale sotto accusa.


Obbligo di dimora per il presidente del Consiglio comunale di Agrigento del Pdl Carmelo Callari: secondo l'accusa si inventava missioni istituzionali per farsi rimborsare i viaggi privati a Roma dove frequentava l'università. La Procura aveva chiesto l'arresto.

di FABIO RUSSELLO

Agrigento - Missioni istituzionali fasulle che in realtà servivano ad esclusivi fini privati e che venivano rimborsate dal Comune. La Digos della Questura di Agrigento ha notificato un provvedimento cautelare dell'obbligo di dimora - ma la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari - firmato dal gip del Tribunale di Agrigento Luca D'Addario al presidente del Consiglio comunale Carmelo Callari, 50 anni, esponente della corrente alfaniana del Pdl. Nell'inchiesta risultano indagati altri due funzionari, per uno dei quali la Procura aveva chiesto la sospensione dall'ufficio di funzionario del Comune. Per tutti l'accusa è, a vario titolo, di truffa, peculato, abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Secondo le indagini della polizia Carmelo Callari - con il beneplacito dei due funzionari - avrebbe fatto apparire quali missioni istituzionali, viaggi che in realtà erano realizzati esclusivamente per fini propri e privati, tra cui ad esempio le trasferte a Roma per sé e per la figlia per frequentare l'università e sostenere gli esami. Callari secondo l'accusa si faceva rimborsare le spese di vitto e alloggio per i suoi familiari e anche per altre persone.

(25 novembre 2010)

martedì 23 novembre 2010

NEPOTISMO BONDIANO: SISTEMATO L'ex MARITO DELLA COMPAGNA.

E Bondi sistemò anche l’ex marito

della compagna.

Il ministro: "Non ho violato nessuna legge, sono solo intervenuto per risolvere due casi umani.

A tarda sera, dopo una giornata di dinieghi, scarichi di responsabilità e panico diffuso nel ministero, chiama anche il ministro: “Posso dare una spiegazione”. E sono parole sofferte: “Non ho violato nessuna legge. Sono solo intervenuto per risolvere due casi umani. È la tragedia di un uomo che era disoccupato e senza lavoro”. Il ministro Sandro Bondi sta parlando a Il Fatto dell’ultima vicenda di cui siamo venuti a conoscenza. Nascosta in una delle pieghe della relazione di spesa del Fus 2009, i fondi per lo spettacolo che ironia della sorte sono stati il bersaglio dei tagli di Tremonti e di tutte le polemiche contro il ministro, c’è una voce di spesa. Piccola, rispetto all’entità della cifra, ma enorme per il significato simbolico. 25 mila euro in un anno, per una consulenza assegnata al “signor Roberto Indaco”. La voce di spesa, a pagina 673 della relazione, è la più sintetica (curiosamente enigmatica) fra tutte. I cinque nomi segnalati dilungano le competenze allo spasimo. Quella di Indaco recita solo: “Teatro e moda”.



Il vero problema, non riassumibile nell’algida sinteticità di quella tabella, è che il signor Indaco è l’ex marito dell’onorevole Repetti, compagna del ministro (attualmente, guardacaso, in attesa di divorzio). Il secondo problema è che anche il figlio del signor Indaco e dell’onorevole Repetti – Fabrizio – come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, lavora (scrivania e telefono) per il ministero dei Beni culturali, alla direzione generale per il cinema. Una mutua bondiana, di difficile giustificazione davanti a un mondo dello spettacolo, in sciopero costante per una politica di tagli che non conosce redenzione o riscatto. Brunetta diceva: “tanto paga Pantalone”, ma i benefattori in questo caso, sono nelle stanze ministeriali.



Per tutto il giorno il Fatto insegue nelle pieghe dei documenti, e nelle testimonianze (estremamente imbarazzate) dei loro estensori, i 25mila euro del signor Indaco. La relazione, per esempio, è firmata dal dottor Nicola Borrelli, uno dei direttori generali del ministero, quello della sezione cinema. A Il Fatto Borrelli spiega: “Sì, è vero, anche quella tabella è formalmente firmata da me. Ma in realtà è predisposta, in tutte le sue voci, dal dottor Nastasi, braccio destro di Bondi”. Dopo un lungo inseguimento e qualche tentativo di mettersi in comunicazione rabbiosamente interrotto, si manifesta anche il capo di gabinetto, il vice di Bondi, Salvo Nastasi. Tono cortese, da grand commis d’etat: “E’ vero, quella sezione è di mia competenza. Ma si tratta, come in tutti i ministeri, di fondi che sono di esclusiva prerogativa del ministro. Noi non facciamo altro che riportare la lista dei nomi delle consulenze che lui ci fornisce e il giustificativo di spesa”. Chiamiamo allora per la prima volta il ministro, ma il telefonino squilla a vuoto. Cerchiamo allora l’onorevole Repetti. “Dottoressa, come vede, ci risentiamo”. Le chiediamo come stia, ricevendone un eloquente: “Insomma, ho passato momenti migliori”. Ma è la rivelazione della scoperta della consulenza erogata all’ex marito a lasciarla catatonica, silente, per oltre dieci lunghissimi secondi. Dopo, c’è spazio solo per la frustrazione. Clic. Recide violentemente il colloquio e all’ulteriore richiesta di un commento via sms, spedisce sei righe agre tra il disperato e l’indignato: “Purtroppo ho compreso che qualunque cosa io dicessi, verrebbe ignorata o distorta. Questa non è informazione nè giornalismo, ma una campagna strumentale e pretestuosa di diffamazione per colpire unicamente il mio compagno Sandro Bondi”.



E’ lo stesso ministro, alla fine, a chiamarci sul cellulare: “Guardi, io voglio spiegare tutto, voglio chiarire. E vorrei che deste spazio alla mia replica”. Senza dubbio. Il ministro prosegue: “Nel caso del signor Indaco, io non ho fatto altro che aiutare una persona che si trovava in una drammatica difficoltà. Aveva le competenze professionali per usufruire della consulenza, quindi non ho violato leggi, nè norme”. A Novi Ligure, il signor Indaco abita in Via Lovadino in un appartamento nella stessa palazzina dell’ex moglie. Fino al 2009 ha avuto una sua società, che poi ha chiuso. Posseva quote di un albergo della famiglia Repetti. Si è occupato anche di barche. Chiediamo al ministro come spiega che sia il figlio della compagna, sia suo marito, siano pagati con fondi ministeriali: “Si tratta di importi molto modesti. Nel caso di Roberto Indaco, al netto delle trattenute, poco più di… 1000 euro al mese”. Non si tratta di nepotismo? Bondi prende un lungo respiro. Si trova in macchina con Repetti: “Desidererei rispetto, anche da un giornale che fa il suo lavoro. Si tratta di una vicenda molto dolorosa. Di una storia amara, ma anche del tutto personale e privata”. Sì, sicuramente è vero. La vicenda è assolutamente privata. Ma i soldi sono pubblici.
di Malcom Pagani e Luca Telese

martedì 9 novembre 2010

COMIZIO DEL PARTITO DEMOCRATICO DI PALAGONIA.

Prepariamo giorni migliori per la nostra città.

Di fronte alla grave crisi politica, economica ,sociale, culturale e morale che attraversa la nostra città;
a fronte del disagio che angoscia le persone oneste ;
di fronte al crollo di un sistema politico fondato sulla marginalizzazione dei cittadini migliori e che ha indotto i giovani a fuggire dall'impegno ;
Ancora una volta il Partito Democratico invita le forze sociali , culturali e morali presenti nella città a rimboccarsi le maniche e ad impegnarsi direttamente per invertire il corso storico.
Noi siamo pronti e disponibili a unire il meglio che c'è per elaborare un progetto progressista di rinascita civile. 

Non è ancora troppo tardi ! Oggi più che mai è possibile cambiare e migliorare.

Domenica 14 novembre alle ore 18,30 comizio del PD in piazza Garibaldi. 

sabato 6 novembre 2010

Le carte dei PM sul presidente: "LOMBARDO FREQUENTAVA I BOSS".

carte dei pm sul presidente

"Lombardo frequentava i boss"

I magistrati della Dda di Catania ritengono "provati" i rapporti di Raffaele ed Angelo Lombardo con i boss delle cosche catanesi. Lo scrivono nelle 583 pagine di richiesta di arresto per gli altri politici coinvolti nell'inchiesta che vede indagato il governatore. Nelle carte gli incontri notturni di Raffaele Lombardo a casa dei capimafia

dai nostri inviati FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI

CATANIA - Eccole tutte le carte che accusano Raffaele Lombardo. Ecco le 583 pagine di richiesta di misure cautelari nei confronti di politici e imprenditori che il 31 luglio scorso la Dda di Catania ha presentato al gip Luigi Barone. Un documento riservato, filtrato dal riserbo della Procura, nel quale i sostituti procuratori Giuseppe Gennaro, Antonino Fanara, Agata Santonocito, Iole Boscarino, con il "visto, con assenso" del procuratore Vincenzo D'Agata mettono per iscritto di ritenere "provata, in punto di fatto, l'esistenza di risalenti rapporti - diretti e indiretti - degli esponenti di Cosa nostra della provincia di Catania con Raffaele Lombardo e con Angelo Lombardo".

Rapporti già emersi nella vecchia inchiesta precedentemente archiviata nei confronti del governatore e proseguiti fin dopo la sua elezione alla presidenza della Regione. Rapporto "con soggetti di sicura caratura criminale - si legge nella richiesta dei pm - non occasionale né marginale ma cospicuo, diretto e continuativo grazie al quale l'uomo politico poteva avvalersi del costante e consistente appoggio elettorale della criminalità organizzata di stampo mafioso a lui vicina".

Incontri con i boss, finanziamenti pubblici convogliati nelle casse della mafia, favori in cambio di voti ma anche di sostegno economico alle campagne elettorali. Sono venti anni di rapporti quelli condensati negli atti della Procura di Catania che si spinge fino ai giorni nostri nell'analisi della condotta del presidente della Regione.

I rapporti con il boss Rosario Di Dio - "Le intercettazioni - si legge nella richiesta dei pm - hanno dimostrato l'esistenza di rapporti diretti di Rosario Di Dio, esponente di primissimo piano della famiglia Santapaola - e Raffaele Lombardo".

E' il 26 maggio 2009, quando le cimici registrano una conversazione tra Di Dio e Salvo Politino al quale il boss racconta di una visita di Bartolo Pellegrino (omonimo dell'ex deputato regionale), assessore all'Agricoltura alla Provincia, "uomo di Raffaele Lombardo". E alla richiesta di voti per Lombardo, Di Dio risponde così: "È inutile che viene per cercare voti, perché voti non ce n'è per Raffaele... bello chiaro... quello che ho fatto io quando lui è salito per la prima volta lì, neanche se viene il Padreterno troverà più queste persone e siccome io ho rischiato la vita e la galera per lui e le cazzate che ha fatto lui... vuol dire che tu sei munnizza... da me all'una e mezza di notte è venuto ed è stato due ore e mezza, qua da me, dall'una e mezza alle quattro di mattina... si è mangiato sette sigarette".



Per tre settimane Lombardo avrebbe mandato il suo "massaro" dal boss con "tre buste piene di fac-simile", ricevendo da Di Dio un biglietto di risposta: "Caro Raffaele, è inutile che mi mandi le buste, pensa a dargli lo stipendio al massaro che ha due anni che non glielo dai"". Parole ribadite in una successiva intercettazione con il medico Salvatore Astuti, che ascoltato mercoledì in Procura, ha confermato l'accaduto. Affermazioni, quelle del boss, che i pm ritengono "riscontrate per intero" e che così commentano: "Lombardo risulta essere da tempo in rapporti di amicizia e di reciproci interessi con Di Dio. Egli recandosi nottetempo a casa dell'amico mafioso per chiedere il suo appoggio elettorale sapeva che una richiesta di voto proveniente da un soggetto dotato di indiscusso prestigio criminale non poteva essere tanto facilmente disattesa... la circostanza che l'incontro si sia svolto dall'una e mezza alle quattro di notte può spiegarsi soltanto con la consapevolezza che i fratelli Lombardo avevano di recarsi a casa di un mafioso".

La festa per l'elezione di Angelo Lombardo - Il 4 maggio 2008 si festeggia a casa del geologo Giovanni Barbagallo, il trait d'union tra i Lombardo e i boss Di Dio e Aiello. E il neoeletto deputato nazionale viene filmato dai carabinieri mentre entra ed esce dalla tenuta in cui si tiene una riunione che i pm paragonano "a quella celebre di Appalachin con la partecipazione del gotha della mafia nordamericana del tempo".

A braccetto con Basilotta - Ed è proprio dalle conversazioni tra Barbagallo e Aiello che i magistrati hanno contezza di un altro rapporto "pericoloso" del governatore, quello con l'imprenditore inquisito per mafia Vincenzo Basilotta. Siamo a giungo 2008 e "Basilotta era con il vestito a braccetto di Raffaele". "Un connubio assolutamente inusuale quanto biasimevole - scrivono i pm - tra l'uomo istituzionalmente più rappresentativo della Sicilia ed il facoltoso ma penalmente censurato imprenditore edile vestito a festa".

I soldi della mafia per la campagna elettorale di Lombardo - 1 giugno 2008, sono ancora Barbagallo e Aiello che parlano e il boss rivela come la campagna elettorale per la presidenza della Regione sia stata finanziata dalle cosche con i soldi dell'estorsione per il costruendo centro commerciale del Pigno. "Gli ho dato i soldi nostri! Del Pigno... gli ho dato a lui per la campagna elettorale... i soldi che l'impresa". Scrivono i pm: "Si tratta della più grave acquisizione investigativa che descrive il dato nudo e crudo della avvenuta consegna a Lombardo di una somma di denaro destinata al finanziamento della sua campagna elettorale disposto dal capo della più forte organizzazione mafiosa operante nella provincia di Catania".

 
Dopo l'elezione a governatore - Da neo presidente Lombardo chiude le porte ai vecchi amici. E i mafiosi non la prendono bene. "Con Raffaele ora non si può parlare più... intanto è stato eletto... non ci si può parlare! Con Angelo ancora ancora ma con Raffaele... ma li ha voluti i voti, li ha voluti... quando cercava i voti però si metteva... ". Della conversazione a più voci tra Giovanni Barbagallo ed altri mafiosi i pm danno questa interpretazione: "Dopo l'elezione di Raffaele Lombardo alla guida del governo regionale i rapporti con l'organizzazione criminale continuava a far capo ancora a Raffaele Lombardo per il tramite operativo del fratello Angelo.

Il ruolo di Angelo Lombardo è dunque quello di incaricato della gestione di affari che interessavano in vario modo il gruppo criminale e che chiamavano in causa e postulavano l'esercizio dei poteri decisionali spettanti al fratello Raffaele. A partire dall'elezione di Lombardo alla presidenza della Regione il referente politico dell'organizzazione criminale Santapaola diviene formalmente Angelo Lombardo".

I magistrati in giunta - "Ma che gli ha messo a due della Dda in giunta?". L'ingresso nel primo governo Lombardo di due magistrati venne così commentato dal boss Vincenzo Aiello al quale Barbagallo spiegava: " Sta cercando di fare le coperture".

E i pm sottolineano: "Le acquisizioni investigative operate nel corso della presente indagine dimostrano che la decisione di Lombardo (di inserire magistrati in giunta, ndr) era, in effetti, frutto di una strategia che mirava a disegnare la figura del nuovo presidente della Regione come di un politico che non solo non intratteneva rapporti di contiguità con ambienti del malaffare politico-mafioso ma che, anzi, combatteva con forza il tentacolare mondo del crimine organizzato fino al punto da inserire nella giunta regionale, per la prima volta nella storia del parlamento siciliano, due magistrati - Massimo Russo e Giovanni Ilarda - e di presentarsi all'opinione pubblica come soggetto politico che, godendo della fiducia di due autorevoli e noti magistrati siciliani, non era per ciò stesso sospettabile di contiguità alcuna con soggetti o settori del crimine organizzato".

Ventidue milioni di euro della Regione alle cosche - Da Lombardo i mafiosi volevano soldi e appalti. "La mafia - scrivono i pm - non supportava Lombardo per ragioni ideali ma operava per ottenere quale contropartita la possibilità di controllare appalti pubblici finanziati e gestiti dalla Regione o alimentati da risorse statali o comunitarie". E di soldi pubblici nelle casse delle cosche catanesi ne sarebbero entrati e non pochi a giudicare dalle parole di Barbagallo che al boss Vincenzo Aiello fa così i conti: "Perché io Enzo per quello che ho potuto fare 22 milioni di euro li ho fatti arrivare".

" La Repubblica" (05 novembre 2010) © Riproduzione riservata

giovedì 4 novembre 2010

INTERROGATI FAGONE E SANGIORGI.

11/2010 - Fagone, l'avvocato: "L'abbraccio con Di Dio? Fuorviante"


Il legale del deputato regionale del deputato Pid: "Il presunto boss dei Santapaoliani di Palagonia è titolare di un'area di servizio, dove il mio cliente si fermava spesso ed è capitato di scambiare quattro chiacchiere.
                                    
di GERARDO MARRONE

CATANIA. “L’immagine di quell’incontro, di quell’abbraccio, è fuorviante. Fausto Fagone ha risposto a tutte le domande e ai magistrati ha ricordato che Rosario Di Dio (presunto boss santapaoliani di Palagonia, n.d.r.) è titolare di un’area di servizio alle porte di Palagonia dove gli capitava spesso di fermarsi e col quale è capitato di scambiare solo chiacchiere, sempre di argomento lecito”. All’uscita dal carcere catanese di Bicocca, dove si sono tenuti stamattina gli interrogatori di garanzia di alcuni indagati tratti in arresto ieri nell’ambito dell’operazione “Iblis”, queste le prime dichiarazioni del penalista Giuseppe Marletta, avvocato difensore del deputato regionale del Pid ed ex sindaco di Palagonia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. “A Fagone – continua Marletta – è anche contestato di avere favorito il clan Santapaola con appalti banditi dal Comune di Palagonia, ma lui ha replicato che alcuni si riferiscono a periodi successivi alla sua sindacatura e altri sono stati assegnati a evidenza pubblica, quindi aperti a tutti e selezionati dagli uffici in base al criterio della migliore offerta”. L’ avvocato Giuseppe Marletta, che solo nei prossimi giorni deciderà se ricorrere al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione di Fausto Fagone, è anche difensore del consigliere provinciale Nino Sangiorgi, accusato di associazione mafiosa: “Anche lui ha risposto a tutte le domande e ha, tra l’ altro, contestato un’intercettazione a suo carico dicendo che quella non è la sua voce. Chiederemo una perizia. Sangiorgi ha detto di essere amico d’infanzia con Rosario Di Dio ma di non avere alcun legame malavitoso con lui. Non si dimetterà da consigliere provinciale, perchè s’è proclamato innocente


mercoledì 3 novembre 2010

ARRESTATO FAUSTO FAGONE

Operazione Iblis, arrestato il deputato regionale Fagone
Mafia e colletti bianchi, 47 arresti a Catania

Blitz dei Ros a Catania, operazione in cui è indagato anche Lombardo

 Provvedimenti restrittivi anche nei confronti di un consigliere della Provincia di Catania, di un assessore di Palagonia e uno di Ramacca. No alla richiesta avanzata per Cristaudo

CATANIA. Tra gli arrestati dell'operazione Iblis del Ros c'e anche il deputato regionale dei Popolari Italia domani (Pid) Fausto Fagone. Provvedimenti restrittivi sono stati emessi anche nei confronti del consigliere della Provincia di Catania dell'Udc, Antonino Sangiorgi, dell'assessore del Comune di Palagonia, Giuseppe Tomasello, e dell'imprenditore e assessore al Comune di Ramacca, Francesco Ilardi.

Il Gip Luigi Barone ha rigettato la richiesta di arresto avanzata dalla Procura nei confronti del deputato regionale ex Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto Giovanni Cristaudo

fonte: il giornale di sicilia.it del 03/11/2010.

martedì 2 novembre 2010

ADDIO ALLE BORSE DI STUDIO tagliato il 90% dei fondi

Ridotti i fondi per gli atenei: per il 2011 la Gelmini prevede solo 26 milioni. Oltre 180 mila studenti hanno diritto all'assegno, ma otto su dieci non lo riceveranno

di SALVO INTRAVAIA e CORRADO ZUNINO

Torino, protesta contro i tagli

Arrivano tagli che sono colpi d'accetta e servono a celebrare nuove amputazioni nella scuola italiana. Con un passaggio della manovra finanziaria fin qui rimasto nascosto il ministro Maria Stella Gelmini, sotto la scorta del suo tutore Giulio Tremonti, ha decretato la fine dell'istituto della borsa di studio.



Un taglio ai finanziamenti del 90%. Un'altra morte per mancanza fondi, nella scuola ai tempi della Gelmini, dopo la riduzione del tempo pieno, la cancellazione delle graduatorie dei ricercatori, la soppressione di alcuni atenei.

È nata con la liberazione d'Italia, Regio decreto 574 del 1946, la borsa di studio universitaria e ha accompagnato l'evoluzione della democrazia scolastica offrendo fino al 2001 una possibilità di mantenimento a studenti in corso, fuori sede, sotto le soglie dell'Isee, meritevoli. In due anni, con il colpo d'accetta tirato lo scorso 14 ottobre sul tavolo del penultimo Consiglio dei ministri, l'ammontare in euro delle borse da erogare è passato da 246 milioni a 25,7. Un -89,55% che peggio di così c'è solo la loro soppressione. E nel 2012 si arriverà a 13 milioni scarsi trasformando la borsa universitaria in un premio per élite scelte.



Questa - 25,7 milioni - è la quota di finanziamento governativo per il 2011 all'interno di un sistema, quello delle università, fortemente regionalizzato. Già. Lo stato di crisi generale delle Regioni italiane, in particolare al Sud, abbatte le residue speranze. Così oggi su una platea di 184.034 aventi diritto, l'80 per cento non prenderà quei mille, a volte duemila euro (si decide per bandi regionali) che spesso rappresentano una necessità per gli studenti che li ricevono. "Con una borsa di studio, oggi, non si studia, ci si mantiene", racconta Claudio Riccio, universitario della Link, "si paga un pezzo dell'affitto se si vive fuori dalla propria sede naturale, si pagano pranzi e cene lontane dalla mensa convenzionata, l'abbonamento mensile alla municipalizzata trasporti". Libri, dispense, aggiornamenti, viaggi di preparazione restano fuori da una borsa di studio, che a tutto serve meno che a studiare.



Gli iper tagli dell'assegno universitario dicono come il fragile welfare studentesco italiano stia franando e contribuisca ad acuire le distanze tra università del Sud e del Nord: è sempre più intensa, infatti, la salita di ventenni meridionali alla ricerca di università dalla borsa di studio possibile. Piemonte, Toscana, Emilia sono regioni che ancora possono dare concretezza alle promesse scritte sui bandi annuali. Chi ha un reddito familiare (della famiglia di provenienza) sotto i 17mila euro, oggi può accedere alla possibilità di un finanziamento pubblico. E se ottiene medie scolastiche sopra la media, può entrare nella graduatoria degli aventi diritto. Nella maggior parte dei casi inutilmente: per otto studenti su dieci non ci sono soldi. Tra l'altro, le graduatorie regionali del 2010 sono per definizione amministrativa "definitive non confermate". Cioè, non valgono nulla fin qui: l'autunno è inoltrato e gli studenti d'ateneo ancora non sanno a chi toccherà lo scalpo della borsa di studio.



Dall'assegno universitario istituito nel 1963 e immaginato come un pre-salario - 200mila lire per gli studenti che vivevano nella loro città, 360mila lire per i fuori sede - alle norme del 1991, scritte per "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso all'istruzione superiore e per consentire ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi", alle ultime definizioni legislative dell'aprile 2001 la borsa di studio ha seguito, e a volte anticipato, le conquiste lavorative e civili del paese. Nelle ultime due stagioni il governo Berlusconi ha smantellato tutto. E se, come rileva una tesi presentata quest'anno a Scienze politiche della Sapienza, "Il diritto allo studio universitario in Italia", l'80 per cento dei meritevoli e bisognosi studenti italiani non percepisce l'assegno meritato, in Francia si scende al 70%, in Germania al 60%, in Olanda addirittura al 4%. D'altronde l'Italia, appare sempre meno un caso, resta il paese con il tasso d'abbandono universitario più alto.



(02 novembre 2010) © Riproduzione riservata

lunedì 1 novembre 2010

TUTTI LIBERI GRAZIE AL BUNGA BUNGA